Cosmo bioenergetico

Posts written by **Ishtar**

view post Posted: 12/3/2015, 09:10 Taj Mahal, India - Le meraviglie della natura
Si stupendo!!!! :) lo sò cara non riusciremo a postare bisogna togliereil virus che compare negli indirizzi di cosmo :(
view post Posted: 11/3/2015, 09:47 Barbara Amadori (attuale) - I più grandi medium e sensitivi della storia

Barbara Amadori (attuale)



Channeller, Master Reiki, Astrologa e giornalista, Barbara Amadori ha una formazione culturale che spazia dalla musica classica (ha studiato presso il Conservatorio di Musica “B. Maderna” di Cesena), a quella letteraria (Diploma Magistrale), linguistica (First Certificate conseguito c/o British School) al giornalismo. Appassionata ed attenta studiosa delle discipline esoteriche quali Qabalah, Astrologia Karmika, Evolutiva, al fine di completare adeguatamente la proprio cultura personale in merito alla Qabalah ebraica, consegue il diploma di II livello in ebraico antico.
Dalla morte del padre, avvenuta oltre 30 anni fa, si dedica al mondo delle Dimensioni Sottili che permeano l’esistenza di ciascuno di noi. I seminari da lei condotti vertono su alcuni importanti aspetti della Medianità e soprattutto si svolgono con l’intento di insegnare a tutti i partecipanti, la possibilità di contattare, attraverso i propri doni intuitivi, la propria Guida spirituale ed i Cari che hanno oltrepassato la Morte. Diversi pertanto i “passaggi” che vengono esaminati in merito: prima di affrontare l’anelato momento in cui si effettua il contatto con il Mondo Spirituale, Barbara Amadori conduce le persone attraverso l’apprendimento della lettura energetica e medianica delle fotografie, degli oggetti, dei nastri, la scrittura automatica, nonché esercizi pratici sulle possibilità di comunicazione fra i partecipanti del seminario attraverso l’utilizzo di tecniche meditative. Inoltre sia corsi che seminari prevedono parti pratiche e teoriche e dipanano le proprie forme partendo dalla teosofia fino a giungere, seppur in modalità breve e superficiale, a qualche elemento di fisica quantistica. Il curriculum di Barbara Amadori inerente l’affascinante mondo dell’ignoto, vanta, nel 1997, unica donna in Italia, la pubblicazione del rinomato Saggio “L’Albero della Vita” trattato sulla Qabalah ebraica, riconosciuto dal Centro di Cultura Ebraica di Bruxelles e da alcune comunità rabbiniche americane.

Relatrice presso Associazioni ed Accademie italiane, nonché presso Convegni internazionali, docente di tecniche evolutive, Barbara Amadori partecipa alla trasmissione televisiva “Maurizio Costanzo Show” in qualità di studiosa in reincarnazione. Partecipa quale medium ai Convegno Internazionali di Parapsicologia a Bellaria, Cesena, Modena, Assisi, Palermo, Taranto, Verona, Varese, Sondrio, Nuoro, Roma, Milano, Locarno, Lugano. Frequenta il prestigioso Arthur Findley College di Londra per confrontarsi con i più qualificati medium inglesi. Membro associato della Society for Psychical Research di Londra. Tiene abitualmente conferenze e seminari in Svizzera ed in Italia. Attualmente studia Teologia presso la Scuola superiore di Teologia. Il suo testo ”Medianità Quantica” (Anima edizioni) è giunto alle sue prime ristampe. I messaggi da lei canalizzati nel corso dell’ultimo anno sono espressamente incentrati sull’Era che il nostro Pianeta sta per affrontare e sull’esistenza ed aiuto che riceveremo da parte di Forme di Vita non terrestri, alle cronache dell’aldilà oltre a nuove modalità, da loro indicate, della trasmissione dell’Energia. Barbara Amadori ha fondato e presiede la scuola di Medianità italiana “Accademia Antroposofica Luciano Amadori” (www.accademia-ala.org).



FONTE



view post Posted: 11/3/2015, 09:42 Pietro Ubaldi - I più grandi medium e sensitivi della storia

Pietro Ubaldi: la vita e le opere



PIETRO UBALDI nacque il 18 Agosto 1886, in Italia nella piccola città di Foligno, vicina ad Assisi, in una regione impregnata della spiritualità di S.Francesco. Andò a scuola a cinque anni, fece la maggior parte dei suoi studi a Roma e qui si laureò nella facoltà di diritto come avvocato nel Giugno 1910.

Questo fu il primo periodo della sua vita, che può dividersi in quattro periodi ventennali: 1891-1911; 1911-1931; 1931-1951; 1951-1971, chiaramente individuati da un lavoro differente. Per questo consideriamo la sua vita iniziando nel 1891, quando egli aveva cinque anni e, andando a scuola, incominciò il suo lavoro di mente per costruirsi spiritualmente.

In questo primo periodo egli, seguendo la scuola di tipo nozionistico, formò la sua cultura legalizzata da una laurea, ma non trovò il materiale per formarsi un solido orientamento spirituale. Lo cercava leggendo di tutto per suo conto. Avido di imparare aveva studiato musica seguendo il corso di piano cosi formandosi un gusto e una cultura in questa materia. Conosceva inglese, francese e tedesco, e com la lingua la storia, la letteratura e la psicologia dei rispettivi popoli. Aveva cercato nella filosofia, nella religione, nella scienza una risposta ai fondamentali perchè della vita, perchè voleva vivere coscientemente sul serio, ma non ve la aveva trovata.

Passiamo al secondo periodo. Nel 1912 si sposò con Maria Antonietta Solfanelli della vicina città di Matelica (Marche). Da lei poi ebbe due figli: Franco, morto nella IIª guerra mondiale, Agnese, ancora vivente.

Prima di sposarsi nel 1911, rimase vario tempo negli Stati Uniti di America, che percorse fino al Pacifico. Si occupò poi della proprietà terriera sua e della moglie, terminando poi col cederla in amministrazione ad altri. Questo fu un periodo di sperimentazione pratica a contatto col mondo, di osservazione della realtà della vita, come di maturazione spirituale per la formazione della sua personalità.

Giungiamo al terzo periodo in cui questa si afferma e si manifesta. Nè la vita teorica di studio, del primo periodo, nè quella pratica di attività del secondo, avevano soddisfatto nel nostro autore il desiderio di sapere. Siamo nel 1931 e egli si trova nell’ età di 45 anni, cioè alla fine del secondo dei quattro periodi ventennali costituenti la sua vita, dei quali ora l’ultimo sta terminando. Temperamento non fatto per gli affari, e non ammettendo egli di vivere in ozio di rendita, ma solo del frutto del proprio lavoro, nel 1931 divenne professore di lingua e letteratura inglese nelle scuole di stato italiane.

Così egli insegnò per questo terzo periodo ventennale nella piccola città di Gubbio, pure vicina ad Assisi e impregnata di atmosfera francescana.

Fu all’inizio di questo terzo periodo che si manifesta la vita spirituali dell’ Ubaldi. Egli si trova nel punto mediano della sua vita.

I primi due periodi furono di elaborazione e maturazione. Gli ultimi due saranno de esplosione e manifestazione della sua personalità. Essi formano il periodo della sua produzione concettuale.

Abbiamo dovuto spiegare quale fu la vita dell’Autore perchè quella produzione non fu una semplice esercitazione letteraria, ma fu la manifestazione di una personalità in evoluzione e l’espressione della sua maturazione, che la ha portata ad un livello spirituale superiore. L’Opera fu tutta vissuta dall’Autore, come realizzazione del suo destino, che fu di compiere la propria ascesa evolutiva. Questo è il più profondo significato dell’Opera, perchè essa non è solo un lavoro di ricerca fine a sè stesso, ma è un voler arrivare essa conoscenza per usarla per risolvere intelligentemente i problemi della vita e così viverla degnamente in piena coscienza degli ultimi suoi fini.

Questo lavoro di ricerca, in questo anno 1970 in cui scriviamo, oramai è giunto al suo 24º volume e può dirsi concluso. Esso ha prodotto nei suddetti due ultimi ventenni le circa diecimila pagine dell’Opera chi ora esamineremo.

Osserviamo detta Opera più da vicino. I primi suoi volumi si presentano come un prodotto di ispirazione, con accenti di spiritualità fino al misticismo. Essi furono scritti nella pace di Gubbio, dal 1931 al 1951 nel periodo di insegnamento, e furono pubblicati quasi tutti in italiano.

All’inizio del quarto periodo abbiamo un altro mutamento. Finisce il periodo ventennale dedicato all’insegnamento e l’Autore, perchè è arrivato a 65 anni, può lasciarlo e andare in pensione. Contemporaneamente egli viene invitato a fare in Brasile un giro di conferenze di tipo spirituale sopra la sua Opera. Così nell’estate del 1951, dal Luglio al Dicembre, egli viaggiò tutto il Brasile.

In seguito a ciò, nel Dicembre 1952, là si trasferì definitivamente, in S.Vicente, presso Santos, nello stato di S.Paulo, dove tuttora risiede. Portò con sè la moglie, ora morta, la figlia Agnese e le sue bambine, ora adulte e sposate.

In questo quarto periodo, pur esso ventennale, 1951-1971, egli scrisse l’altra parte dell’Opera. Intanto i 24 volumi venivano pubblicati quasi tutti in portoghese, parte in spagnolo, uno in inglese, uno in arabo, oltre i volumi già stampati in italiano in Italia.

Osserviamo ora il metodo usato nello scrivere l’Opera.

Essa usa il metodo deduttivo che ci dà una visione sintetica, di insieme, a scopo orientativo. Questo è il metodo delle religione che cercano di conoscere ciò che sta situato oltre ogni possibilità di osservazione diretta, il metodo cioè dell’ispirazione, dell’intuizione, della rivelazione. Poi l’Opera usa anche il metodo induttivo, analitico, razionale proprio della scienza, per poter mettere a fuoco com esatezza i problemi particolari, così sottoponendo i principi generali a controllo positivo col meterli a contatto con le loro conseguenze che riscontriamo nella realtà.

Solo in tal modo la ricerca poteva risultare completa.

L’Autore ha dunque usato due forme mentali diverse. È così che l’Opera si inizia in forma ispirativa per poi assumere sempre più la normale forma razionale. Ciò ha fatto pensare ad un fenomeno medianico, ma esso mai prese la comune forma passiva e incosciente della trans, ma quella attiva e coscciente del pensatore.

Si tratta dunque di un caso di parapsicologia, materia su cui la metapsichica ancora non ha detto l’ultima parola. Si tratta forse di un caso di comunicazione telepatica come una “Nouri” o corrente di pensiero da parte di un soggetto sensibilizzato al livello supercosciente. Ora è avvenuto che in quaranta anni di contatto con la fonte ispirativa il soggetto si è sempre più assimilato ad essa, fino al punto che l’ispirazione si è trasformata in una forma di attiva e cosciente collaborazione.

Così egli ha potuto sempre più impossessarsi del fenomeno, che così da recettivo in principio, si è fatto sempre più indipendente e razionalmente controllato. Può sembrare strano questo accoppiamento di metodi che nella ricerca del vero sono stati sempre contrapposti come due poli antagonici.



Però altro mezzo non vi era che l’ispirazione e poi il controllo razionale del suo prodotto, se si voleva giungere ad una conoscenza completa, che non fosse unilaterale come è quella della religione o quella della scienza. In questo caso i due metodi sono ridotti ad uno solo, quello del’intuizione razionalmente controllata. Si è potuto così esaminare il campo della materia come quello dello spirito, il campo della realtà obiettiva e quello astratto degli ideali, così unificando scienza e fede quali due aspetti della stessa verità. Si è giunti così ad una visione completa della fenomenologia universale a tutti i livelli e in tutti i campi.

Non ci resta ora che esaminare il contenuto dei vari volumi dell’Opera. Essa ci offre un sistema filosofico, religioso, morale, biologico, sociale, scientifico, etc., che nelle grande linee ci dà un quadro completo del funzionamento organico del tutto, per orientarci in ogni campo in rapporto agli altri, per il fatto che la fenomenologia universale fisico-dinamico-spirituale è ridotta ad unità in funzione di un pensiero centrale che tutto anima e dirige: Dio.

Nell’attuale ora storica di grande maturazione l’uomo si trova a possedere mezzi come mai tanto potenti e ciò senza una proporzionata coscienza etica per saperli adoperare. Egli si trova quindi esposto a grandi pericoli per gli errori catastrofici che può commettere. Vi è chi crede che questa Opera sia nata nel momento adatto perchè potrebbe dare un contributo sia pur minimo, utile col compiere una funzione orientatrice.

Pietro Ubaldi – S.Vicente. 1970

Le Opere
I 24 volumi dell’Opera di Pietro Ubaldi

1- I grandi messaggi (1931)

Sono costituiti da un’introduzione all’Opera, d’origine esclusivamente ispirativa. Si tratta del messaggio di Natale (1931), della Resurrezione (1932), del Perdono (1932), ai Cristiani (1933) agli Uomini di buona volontà (1933), della Pace (1943). Nell’edizione brasiliana è stata inclusa la vita dell’Autore.

2 – La Grande sintesi (1937)

In questo testo fondamentale – iniziato nell’estate del 1932 e pubblicato a puntate, in una rivista, dal gennaio del 1933 – è esposto in cento capitoli il quadro complessivo del suo pensiero, trattazione da lui stesso definito un “inno alla gloria di Dio”, con lo scopo di delineare la “nuova coscienza cosmica”. Il fine è la costituzione di quella coscienza universale che tutta l’umanità deve poter conquistare in questo terzo millennio. Quella che delinea è una “vera rivoluzione”, quale scienza nuova, configurata per le vie dell’amore e dell’elevazione spirituale. Viene presentata la sua teoria della conoscenza, sintetizzata in una visione unitaria definita come Monismo. Resta la summa della sua Opera, anche che in tutti gli altri testi riprenderà le tematiche presentate, sviluppandole razionalmente, scientificamente, moralmente e spiritualmente.

3- Le Nouri (1937)

Dal superumano al piano concettuale umano

Questo libro rappresenta il completamento de La Grande Sintesi. Vengono delineate le correnti spirituali di pensiero intuitivo, captabili attraverso una medianità ispirativa cosciente. L’Autore ci presenta la modalità di ricezione dei “grandi ispirati”, quali Francesco d’Assisi, Caterina da Siena, Giovanna d’Arco e Angela da Foligno.

4 – L’ascesi mistica (1939)

In questo testo Ubaldi prospetta il processo dell’espansione della coscienza, sino a delineare le caratteristiche della coscienza mistica. In tale fenomeno evolutivo vede il concretizzarsi del processo di spiritualizzazione, attraverso l’armonizzazione con tutto e con tutti. Il suo scrivere diventa una manifestazione dell’anima, in dialogo diretto con quella dimensione dello spirito che è in contatto col divino. Il testo è diviso in due parti: la prima descrittiva e interpretativa, la seconda mistica e artistica. Viene prospettata la dilatazione della coscienza in forme d’esistenza collettiva, “in piena armonia con la visione biosofìca della vita”, come rileva Roberto Assaggioli nella prefazione al testo stesso.

5 – Storia di un uomo (1942)

Questo libro è la storia di un uomo in perfetta armonia con la sostanza del Cristianesimo e con la rivalutazione delle forze dello spirito. I temi della vita, del dolore, dell’amore, della morte – presentati in chiave autobiografica – rappresentano l’esaltazione della libertà dello spirito contro la schiavitù della materia. Leggendo questo libro è come se l’Autore ci guidi per mano per cercare di comprendere tutta la sua vita e per sintonizzarsi sul suo percorso esistenziale e spirituale.

6 – Frammenti di pensiero e di passione (1944)

In questo testo Ubaldi chiarisce e riprende i temi dei suoi primi libri, indagando sui vari problemi individuali e sociali che il processo evolutivo suscita.

7 – La nuova civiltà del terzo millennio (1945)

Scritto nell’anno dell’inizio della “ricostruzione”, alla fine della 2a guerra mondiale, viene prospetta la ripresa spirituale della nostra civiltà, come cammino d’evoluzione, attraverso uno sforzo di conoscenza e d’impegno di vita. Il tema della ripresa spirituale viene in questo testo considerato sul piano dell’espansione della coscienza, delineando un nuovo mondo, in forza di un processo d’evoluzione etica e sociale. I temi della libertà, della formazione della personalità e del pensiero sociale di Cristo vengono, in tal senso, a rappresentare punti di riferimento ispiratori di questo processo evolutivo.

8 – Problemi dell’avvenire (1947)

In questo libro Ubaldi espone e cerca di risolvere i vari problemi posti nella Nuova civiltà del terzo millennio, utilizzando criteri psicologici e scientifici. L’investigazione nei campi più disparati della conoscenza è operata servendosi del metodo intuitivo, con riferimento all’ispirazione della Legge divina della vita.

9 – Ascensioni umane (1951)

Verso l’armonia con l’ordine cosmico

In questo libro Ubaldi, attraverso varie argomentazioni – che vanno dal biologico al sociale, sino al mistico – spiega l’ineluttabilità dell’evoluzione umana, attraverso un graduale processo di dilatazione di sé in tutti. Viene delineata la visione di un’umanità che trapassa dalla violenza e dall’indifferenza all’armonia ed all’unificazione delle coscienze. Le analisi dell’Autore sono portate anche su problematiche esistenziali e politiche, quali sono quelle del disorientamento, del concetto di potere, della medicina e della preghiera. Quella che viene profetizza è un’era dell’unità, di là dai fenomeni storici del comunismo e del capitalismo.

10- Dio e Universo (1951)

Ubaldi dichiara che questo libro è “apparso come un lampo”, per dare soluzione degli ultimi problemi in mezzo ad un’umanità sbandata. Scritto ancora in Italia, a Gubbio, anche se pubblicato prima in portoghese, tiene conto soprattutto del pensiero cattolico, dichiarando che “il sistema è tutto retto dalla colonna reincarnazionista”, senza la quale cadrebbe tutta la sua visione. Prospetta, così, una catarsi biologica, capace di produrre un processo di spiritualizzazione atto ad entrare in possesso della Legge dello Spirito, per conquistare il suo divino Sé, realizzandolo. Viene delineata la perfezione del sistema e la strada per poterlo cogliere nella trasformazione continua dell’esistenza.



11 -Commenti (1951)

Si tratta di una scelta d’opinioni sui volumi dell’Opera scritta nel “periodo italiano” (1931-1951). I temi sono ripresi evidenziandone gli aspetti teologici, sociali e morali.

12 - Profezie (1954)

In questo libro Ubaldi delinea i mali dell’umanità e prospetta tutto il processo evolutivo, quale processo di spiritualizzazione e di armonizzazione con tutto l’universo.

13 – Problemi attuali (1954)

In questo libro l’Autore espone la sua critica al machiavellismo, in opposizione al metodo del Vangelo. Tratta anche della patogenesi del cancro, quale processo degenerativo del male, e della reincarnazione, da intendersi come l’unica risposta alla teoria della caduta ed alla possibilità di redenzione. Con Questo testo Ubaldi chiude la la trilogia della 2a parte dell’Opera, detta “brasiliana”.

14 - II Sistema (1956)

Con questo libro Ubaldi inizia la 2a trilogia del periodo brasiliano. In tale testo si propone di fondere le due prospettive de La Grande Sintesi, che è una visione dall’Alto e di Dìo e Universo, che è una visione dal basso. Quello che viene descritto è il sistema organico del nostro universo, nel suo ciclo involutivo ed in quello evolutivo. Ciò che diventa oggetto di conoscenza – cercando di rispondere a tutte le varie obiezioni – è lo stessa configurazione del costituirsi del nostro mondo – quale spiegazione della creazione -, con il valore della libertà, il problema del male e della morte, il senso e la modalità dell’espansione della coscienza.

15 – La grande battaglia (1958)

Con questo libro Ubaldi descrive la lotta che l’individuo evoluto e spiritualizzato deve sostenere nel mondo, che spesso si trova in contrasto con l’ideale. Viene delineata e chiarificata la distinzione fra l’uomo evoluto e l’uomo involuto, nonché la differenza tra il suo concetto di superuomo – ispirato al Vangelo – e quello di Nietzsche. In tal senso, la “grande battaglia” è quella decisiva, ossia fra i due principi dell’animalità (la forza) e della spiritualità (l’intelligenza), in maniera tale da volgersi verso l’utilità collettiva, vedendo tutto all’interno di un sistema organico, che è il sistema dell’universo e che contiene il sé la legge dell’avvenire.

16 – Evoluzione e Vangelo (1958)

Scritto assieme a La grande battaglia - componendo la prefazione di entrambi nella Pasqua del 1958 – in questo libro è delineata la posizione del Vangelo rispetto alla realtà della vita e nei confronti della sua morale utilitaristica. Viene presentata la “rivoluzione evangelica”, con riferimento al telefinalismo dell’evoluzione spiritualista. In tale prospettiva Ubaldi riflette su senso e sul valore di una “nuova morale”, rispetto all’etica capovolta dell’ipocrisia e dell’utilitarismo. Tutto il testo converge sulla necessità di una riarmonizzazione e riunificazione universale, dove tutte le verità relative si mostrano come aspetti di una sola verità.

17-La Legge di Dio (1959)

Composto da 24 conversazioni radiofoniche, effettuate tutte le domeniche dal 18 agosto 1958 al 8 febbraio 1959, presso la Radio Cultura di San Vicente, questo libro cerca di spiegare come funziona nel mondo il pensiero direttivo di Dio. Tratta lo studio della Legge di Dio, perché – come lui stesso dichiara – “possiamo capire realmente come orientare la nostra vita”.

18 – La tecnica funzionale della Legge di Dio (1969)

Volume complementare a La Legge di Dio, in questo libro è mostrato il meccanismo delle forze spirituali in atto, quale correzione di destini errati. La tecnica della redenzione e della salvazione viene presentata nelle sue modalità e nelle sue finalità, quale messa in atto della stessa Legge di Dio. E’ in tale prospettiva che la riflessione è portata sull’applicabilità del Vangelo e sulla funzione del Cristo, delineando la tecnica della redenzione e della salvezza.

19 – Caduta e salvezza (1960)

Con quest’opera Ubaldi analizza il fenomeno della discesa involutiva. Descrivendo tale processo arriva a delineare i principi assoluti di un’etica utilitaria, concorde con i principi della Legge. In tale ordine di valore individua i fondamenti dell’evoluzione umana, attraverso i quali si possa conquistare la salvezza attraverso il processo evolutivo.

20 – Principi di una nuova etica (1963)

In questo libro – scritto durante la malattia della moglie, da lui stesso accudita -l’Autore espone sul piano pratico i principi gerarchici attraverso i quali si possa comprendere come la Legge diriga effettivamente l’esistenza di tutti gli esseri viventi. Intento dichiarato del testo è quello d’indurre l’uomo ad agire intelligentemente, al fine di non cadere più nell’errore, evitando così il percorso del dolore e vivendo in accordo con la Legge.

21 – La discesa degli ideali (1965)

II problema che Ubaldi si pone in questo libro è quello religioso della funzione degli ideali in terra, per il ritorno a Dio. Viene delineata una visione d’insieme, in un processo logico unico, esposto in termini consequenziali. In tale visione l’Autore prospetta gli sviluppi del cristianesimo, dimostrando come tutte le religioni siano destinate a trasformarsi, come tutte le altre manifestazioni della vita, seguendo la grande marcia dell’evoluzione. In tale ottica si riferisce a Teilhard de Chardin, a Jean Paul Sartre, alla crisi del cattolicesimo, sino ad analizzare il problema del lavoro e della proprietà.

22 – Un destino seguendo Cristo (1967)

Con questo volume Ubaldi conclude la 2a parte del periodo brasiliano. Diversamente dagli altri testi – dove è descritta la bellezza dell’ideale – in questo viene presentata la lotta dell’ideale trapiantato in terra. La descrizione si fa realistica, in quanto destinata ad un “collaudo terreno”, per considerare come l’evoluzione possa avvenire nella realtà rappresentata dal mondo. Per questo nel raccontare la “strana storia” di un uomo sui 78 anni -impegnato nella “grande avventura del superamento evolutivo”, anche attraverso la povertà evangelica – dichiara che la morale del libro è quella di “lottare sempre per evolvere, invece che corrompersi nel benessere”.

23 - Pensieri (1970)

In questo testo Ubaldi sintetizza gran parte delle tesi fondamentali del suo pensiero. Così, in una parte del volume – intitolata Come orientare la propria vita - si sofferma sulla salutare opportunità per ogni uomo d’autodirigersi e d’imparare dalla vita stessa. In tale linea di pensiero delinea alcuni semplici, ma fondamentali principi, atti ad istituire una nuova morale utilitaria, per evitare la negatività e per produrre una progressiva moralizzazione. E1 in quest’ottica che indica la via di come poter costruire l’uomo cosciente, intelligente, lavoratore, spiritualmente forte e collettivamente organizzato.

24- Cristo e la sua legge(1971)

Pubblicato nel Natale del 1971 – a quarant’anni dall’inizio del suo primo libro, così come aveva profetizzato all’inizio, nel 1931, ed a soli due mesi dalla sua morte – il libro con i suoi venti capitoli rappresenta il coronamento di tutta l’Opera, “vertice della piramide”ed anche – come egli stesso confida – “punto finale della mia vita e “termine della mia missione”. Così nella prima parte del libro Cristo viene presentato come centro di riferimento di tutta la sua visione, essenza del fenomeno evolutivo, redentivo e salvifico, “visto non solo per fede, ma anche con la logica e la ragione”. Nella seconda parte si riflette sul Vangelo e sui problemi sociali. Lo stesso Ubaldi confessa: “Questo libro oggi potrà sembrare battaglia, mentre esso è purificazione, potrà sembrare condanna, mentre esso è sviluppo”. Così l’Opera, nata nel Natale del 1931 è compiuta nel Natale del 1971.








FONTE

view post Posted: 11/3/2015, 09:31 Olio di palma: allarme in Italia, e' una vera e propria invasione - Attenzione a ciò che mangiamo

Olio di palma: allarme in Italia, e' una vera e propria invasione



Allarme olio di palma nei biscotti, nelle merendine e nel latte per neonati. Ora che le etichette alimentari sono diventate più trasparenti per quanto riguarda la presenza di olio di palma nei prodotti confezionati, non è più possibile nascondere questo ingrediente dietro la dicitura "oli vegetali".

Ed ecco che ci si rende conto di una vera e propria invasione di questo olio a basso costo e di scarsa qualità nei prodotti in vendita nei supermercati italiani, dai biscotti alle merendine fino al latte per neonati.
A lanciare l'allarme è la Coldiretti che ne segnala l'aumento del 19% delle importazioni in Italia. Sono stati superato addirittura gli 1,7 miliardi di chili del 2014, un primato negativo mai raggiunto prima.

L'olio di palma è un prodotto sotto accusa dal punto di vista nutrizionale e ambientale proprio nella patria dell'olio extravergine d'oliva. Sono pochissime le aziende che lo hanno sostituito con l'extravergine in tutti i propri prodotti, soprattutto per motivi di costi. L'olio di palma per l'industria alimentare è infatti un ingrediente versatile ed economico.
A preoccupare è la presenza di questo olio anche in prodotti per bambini come biscotti e merendine, arrivando addirittura a risultare tra gli ingredienti del latte per neonati, come sottolinea la Coldiretti.

La produzione di olio di palma sta causando la distruzione delle foreste e il disboscamento selvaggio, senza contare l'inquinamento dovuto ai trasporti. Ora che le aziende non possono più utilizzare la dicitura generica di "oli vegetali", i consumatori sono facilitati nella scelta di prodotti alimentari che ne sono privi.
Basta leggere con attenzione le etichette per verificare la presenza o l'assenza di olio di palma nei prodotti che mettiamo nel carrello quando facciamo la spesa. E se evitarlo sembra una missione impossibile?

Quando non troviamo alternative e quando possiamo, dedichiamoci all'autoproduzione. Qualunque ricetta di biscotti, di merendine o di grissini fatti in casa non contiene olio di palma. Tuteliamo la nostra salute, facciamo valere le nostre scelte di cittadini anche con il nostro potere di "non acquisto" di prodotti che contengano olio di palma.
Marta Albè


FONTE

view post Posted: 10/3/2015, 17:21 Taj Mahal, India - Le meraviglie della natura

Il Taj Mahal



Il Taj Mahal (in urdu: تاج محل; in hindi: ताज महल; IPA: ˈtɑːdʒ_məˈhɑːl), situato ad Agra, nell'India settentrionale (stato di Uttar Pradesh), è un mausoleo fatto costruire nel 1632 dall'imperatore moghul Shah Jahan in memoria della moglie preferita Arjumand Banu Begum.[1] Nonostante vi siano molti dubbi riguardo al nome dell'architetto che lo progettò, generalmente si tende a considerare Ustad Ahmad Lahauri il padre dell'opera.[2]

È da sempre considerata una delle più notevoli bellezze dell'architettura musulmana in India ed è tra i patrimoni dell'umanità dell'UNESCO dal 9 dicembre 1983.[3][4]

È stato inserito nel 2007 fra le nuove sette meraviglie del mondo.[5]



Costruzione

« Una lacrima di marmo ferma sulla guancia del tempo »
(Rabindranath Tagore)

L'origine è ancora oggi incerta. Le varie corti che sono succedute al regno di Shah Jahan hanno chiamato il monumento semplicemente rauza (complesso di tomba e moschea) di Mumtaz Mahal.

È credenza generale che Taj Mahal (il cui significato letterale è "Palazzo della Corona" oppure "Corona del Palazzo") sia una versione abbreviata del nome di Mumtaz. Spesso, al giorno d'oggi, ci si riferisce ad esso chiamandolo semplicemente il Taj.

Arjumand Banu Begum, conosciuta anche con il nome di Mumtaz Mahal, che in persiano significa "la luce del palazzo", morì nel 1631 dando alla luce il quattordicesimo figlio dell'imperatore. L'imperatore ordinò la costruzione del mausoleo per mantenere una delle quattro promesse che aveva fatto alla moglie quando ella era ancora in vita, inizialmente fece seppellire la moglie nel luogo della sua morte,[8] ma, quando si rese conto che trasferire tutto il marmo necessario alla costruzione fin lì sarebbe stata una impresa proibitiva, decise di spostare i lavori ad Agra.

I lavori di costruzione del mausoleo, iniziati nel 1632, durarono 22 anni per concludersi nel 1654. Tra le 20.000 persone che vi presero parte si contano anche numerosi artigiani provenienti dall'Europa e dall'Asia Centrale. Tra di essi vi era anche un artista italiano: Geronimo Veroneo.

L'architetto incaricato di realizzare il Taj Mahal è tuttora sconosciuto; la maggior parte degli studiosi attribuisce la paternità dell'opera a Ustad Ahmad Lahauri,[2] ma alcuni parlano del turco Ustad Isa;[6][9] anche Geronimo Veroneo è indicato come uno dei possibili architetti, per quanto non ci siano prove certe su questo argomento.[10]


Immagine di una delle decorazioni realizzate con pietre preziose e semi-preziose
Il Taj Mahal venne costruito utilizzando materiali provenienti da ogni parte dell'India e dell'Asia. Oltre 1.000 elefanti e bufali vennero impiegati durante le costruzioni per il trasporto delle materie prime. Il marmo bianco venne portato da Makrana, il diaspro dal Punjab e la giada e il cristallo dalla Cina. I turchesi erano originari del Tibet e i lapislazzuli dell'Afghanistan, gli zaffiri venivano da Sri Lanka e la corniola dall'Arabia.

In tutto 28 diversi tipi di pietre preziose e semi-preziose, vennero incastonati nel marmo bianco per un costo totale di circa 32 milioni di rupie.

L'unico materiale locale utilizzato fu l'arenaria rossa che decora le diverse strutture del complesso.

Per i lavori di costruzione, invece di utilizzare bambù per realizzare le impalcature (come era di tradizione in quelle zone), furono utilizzati mattoni. Al termine dei lavori l'enorme impalcatura doveva essere smantellata, e per alcuni questa operazione avrebbe richiesto all'incirca cinque anni. Per risolvere questo problema, l'imperatore stabilì che chiunque avrebbe potuto prendere per sé i mattoni dalle impalcature: secondo la tradizione in una notte l'intera impalcatura fu smantellata.

L'ordine in cui furono costruite le strutture del complesso fu il seguente:

plinto;
mausoleo;
minareti;
moschea e jawab;
portale di ingresso.

I lavori di costruzione furono finanziati grazie ai proventi della vendita del salnitro, componente per la fabbricazione della polvere da sparo, oggetto di ingenti acquisti da parte dei paesi europei dell'epoca, impegnati nella Guerra dei trent'anni.



Abbandono

Il Taj Mahal durante la seconda guerra mondiale
Subito dopo la fine della costruzione del Taj Mahal, Shah Jahan fu deposto dal figlio ed imprigionato.[16] In questo stesso periodo la capitale dell'impero Moghul fu spostata da Agra a Delhi, facendo diminuire notevolmente l'importanza di questa città e l'attenzione delle autorità su di essa.

A causa di un disinteresse durato diversi secoli, alla fine del XIX secolo, complici l'erosione ed i ladri depredatori di tombe, la struttura versava in un grave stato di abbandono. Durante il governatorato inglese di Lord William Bentinck, inoltre, ci sarebbe stato un piano per demolire il Taj Mahal al fine di recuperare i marmi di cui è ricoperto e i terreni da utilizzare poi per la coltivazione.

Secondo alcuni, tuttavia, questa sarebbe solo una voce messa in giro in quel periodo per screditare l'immagine del poco amato governatore Lord Bentinck.



Restauro
Questo periodo di abbandono e disinteresse terminò con la nomina a viceré dell'India dell'inglese Lord George Nathaniel Curzon nel 1899, che avviò un restauro dell'intera struttura terminato nel 1908.[19]

Durante il XX secolo l'edificio fu molto curato: nel 1942, durante la seconda guerra mondiale, il Governo indiano eresse un'impalcatura attorno alla struttura per difenderla da eventuali danni provocati da attacchi aerei da parte dei tedeschi prima e dei giapponesi poi. Tale precauzione fu presa anche durante la guerra tra India e Pakistan, tra il 1965 e il 1971.[20]

Negli ultimi anni il Taj Mahal ha dovuto affrontare, tuttavia, un nemico molto più subdolo: l'inquinamento. A causa delle polveri sottili, infatti, il candido marmo di cui è ricoperto si sta ingiallendo.[21] Al fine di risolvere questo problema, oltre alle normali operazioni di pulitura regolarmente commissionate dal Governo indiano, dovrebbe essere fatto un intervento di trattamento dei marmi con dell'argilla (materiale non corrosivo né abrasivo) del costo di oltre 200.000 dollari, che dovrebbe richiedere due o tre mesi ed essere ripetuto ogni tre anni.[22] Per evitare un intervento così dispendioso, oltretutto da ripetersi così spesso, le autorità locali hanno messo in atto delle misure di prevenzione: una legge, infatti, vieta di costruire industrie inquinanti nell'area attorno al Taj Mahal.[23][21]



La struttura

Il complesso architettonico del Taj Mahal copre approssimativamente un'area di 580 x 300 metri[24] e si compone di cinque elementi principali: il darwaza (portone), il bageecha (giardino) che ha la tipica forma di charbagh (giardino diviso in quattro parti) mughal, il masjid (moschea), il mihman khana ("casa degli ospiti", chiamata anche jawab) ed infine il mausoleum ovvero la tomba di Shah Jahan. Ulteriori strutture secondarie sorgono addossate alle mura che dividono il complesso dall'esterno (esse lo cingono per tre lati, poiché il lato settentrionale prospiciente il fiume è libero): i due portali secondari ed otto torri ottagonali.

Il complesso tombale venne realizzato in modo tale da essere accessibile da tutti e quattro i punti cardinali, attraverso il fiume Yamuna (nord), due portali secondari (est e ovest) ed uno principale (sud). Entrando dal portone principale ci si trova nella parte iniziale del charbagh.

All'interno del giardino, che misura 300 x 300 metri,[1] si trovano aiuole di fiori, canali d'acqua che riflettono l'immagine del Taj e viali alberati. Esso è suddiviso in quattro parti da due canali che si intersecano in modo ortogonale al centro; ognuna delle quattro parti è a sua volta divisa in ulteriori quattro parti da viali percorribili.

Alla fine dell'asse centrale del giardino si trova la tomba. Ad ovest della tomba è situata la moschea. Costruita in arenaria rossa, è l'edificio che santifica il complesso ed è il luogo di culto dei pellegrini. Ad est della tomba si trova invece il cosiddetto jawab ("risposta"), edificio utilizzato come casa per gli ospiti e costruito come gemello della moschea, in modo da rispettare la simmetria architettonica. sotto si dice che non è nota la funzione della struttura[non chiaro]

Il mausoleo è l'unico edificio interamente rivestito di marmo bianco: gli altri hanno solo alcuni elementi decorativi di questo materiale, ma sono rivestiti quasi totalmente di roccia arenaria rossa locale.[senza fonte] In ogni altro edificio, infatti, il marmo bianco è utilizzato per evidenziare le cupole e le aperture per mezzo della differenza cromatica tra il marmo e la roccia arenaria, riuscendo in questo modo a riprendere gli elementi architettonici e ad esaltarli.

L'intero complesso si basa sui principi di simmetria e di geometria autoreplicante: è possibile trovare pochi elementi principali che si ripetono in tutte le strutture. Tutta l'opera è perfettamente simmetrica anche nella distribuzione degli spazi pieni e vuoti, perfettamente allineati tra loro in tutte le strutture.[senza fonte]



Il mausoleo

Il mausoleo vero e proprio è una struttura alta nel suo punto più elevato 68 metri. [senza fonte] È posto al di sopra di una sopraelevazione di forma quadrata (con lato di 100 metri) e alta circa 7 metri; ai quattro vertici di questo quadrato sono posti quattro minareti. Questo innalzamento si supera tramite due rampe di scale direzionate lungo l'asse est-ovest che si incontrano nel comune punto di arrivo sul plinto. Esse sono nascoste da un'estensione del plinto e sono coperte ognuna da una volta a botte rampante generata dalla traslazione di un arco ogivale lungo una direzione inclinata rispetto al piano su cui giace l'arco.

In pianta l'edificio è un quadrato di 56,6 m[1] di lato con gli angoli smussati (in modo da avere una forma ad ottagono irregolare).

Visto di prospetto l'edificio è, nella sua massima semplificazione, un rettangolo sovrastato da un arco ogivale: i due elementi rappresentano rispettivamente la perfetta metà inferiore e superiore dell'intero edificio. Questa forma viene ripresa, poi, in ogni parte della struttura: si vedano ad esempio le nicchie presenti lungo ogni faccia dell'edificio e riprese in tutte le strutture del complesso del Taj Mahal. Nelle nicchie questa divisione è resa più chiara da una cornice leggermente sporgente che divide le due metà. Con questa soluzione di geometria autoreplicante viene mantenuta una certa continuità tra le varie parti dell'edificio e tra l'edificio e il resto del complesso.

Ai lati di ogni apertura dell'edificio è posto un pinnacolo di forma ottagonale alto e stretto che supera in altezza il tetto.

La struttura è sovrastata da cinque cupole, ed è perfettamente simmetrica, come il resto del complesso.

Per quanto le pareti siano interamente rivestite di marmi, la struttura portante è stata realizzata in pietra arenaria rossa e mattoni. Solo un piccolo strato di circa 15 cm, infatti, è costituito dal candido marmo del Rajanistan, a fronte di uno spessore dei muri che arriva ad essere di 4 metri.+





I minareti

I minareti del Taj Mahal sono di forma tronco-conica ma poggiano su una base ottagonale che supera in pianta il terrazzamento marmoreo che soggiace all'intero mausoleo; i minareti sono alti 41,6 metri. Essi, secondo una soluzione tipica di questo periodo, sono leggermente inclinati verso l'esterno in modo tale che, in caso di un forte terremoto, non crollino sulla struttura centrale ma verso l'esterno. Essi sono più bassi della cupola centrale per non sovrastarla ma accompagnarla e darle la giusta evidenza. Come il mausoleo, sono completamente ricoperti di marmo bianco ma lo scheletro portante delle strutture è fatto di mattoni.

Sono coperti da cupole, simili a quelle del mausoleo, che si dipartono da otto archi polilobati sottostanti. Il collegamento tra gli archi e la cupola è realizzato tramite un elemento sporgente mensolato ottagonale e, poco sopra, un elemento verticale sempre ottagonale. Un elemento simile a quest'ultimo è posto al di sotto della base delle colonne, come collegamento tra le colonne stesse e il piano del balcone sottostante. Nella parte terminale della cupola è posto un elemento di chiusura metallico e, poco sotto, una decorazione marmorea a forma di fiori di loto.

All'interno di ogni minareto è posta una scala spiroidale che lo attraversa lungo tutta la sua altezza per permettere di raggiungerne anche la cima. Ogni minareto presenta una netta divisione in tre parti lungo la direzione verticale, rese visibili da balconi che lo circondano. I balconi sono sorretti da elementi che permettono di convogliare le forze sulla muratura sottostante. Le sei aperture presenti in ogni minareto, che rappresentano il collegamento tra le scale interne e l'esterno, sono architravate e sono disposte lungo una direzione che lega il centro del minareto stesso con il centro del mausoleo.[senza fonte]





Le nicchie

Immagine di alcune delle nicchie
L'ingresso al mausoleo è segnato da quattro enormi portali (detti iwan) di base rettangolare sovrastati da volte generate dalla rotazione della metà di un arco ogivale secondo l'asse centrale per un angolo di 180°, presentandosi perciò simili alla metà di una cupola. La struttura di ogni portale si estende oltre il tetto per mezzo di un'aggiunta alla facciata. Dentro ognuno di questi enormi archi si apre l'ingresso vero e proprio, che riprende la forma dell'apertura in cui è collocato in dimensioni ridotte.

Ogni arco di ingresso è circondato da due aperture sovrapposte per lato (dette pishtaq) di base rettangolare. Queste sono riprese anche nei lati corti dell'ottagono, dove sono però a pianta semiottagonale. La copertura di queste nicchie è realizzata con strutture simili alla copertura dei portali di ingresso.

La disposizione degli archi, posti l'uno accanto all'altro, permette una notevole diminuzione degli effetti derivanti dalla caratteristica propria dell'arco di essere una struttura spingente. Il fatto che gli archi siano disposti l'uno accanto all'altro, infatti, permette di abbattere notevolmente le componenti orizzontali delle spinte provocate dai carichi sovrastanti perché risultano essere opposte.[senza fonte] In particolare, nel caso in cui gli archi siano complanari (come nei lati lunghi dell'ottagono irregolare) si ha la situazione ideale di componenti orizzontali perfettamente opposte. Negli angoli dell'ottagono irregolare, invece, il fatto che gli archi non siano complanari provoca la formazione di una forza risultante orientata secondo la bisettrice dell'angolo esterno dell'ottagono, il cui modulo risulta comunque minore delle forze relative agli archi presi singolarmente.

Con queste soluzioni l'insieme diventa più stabile, non dovendo sopportare spinte laterali eccessive.[senza fonte]



Le cupole

L'elemento di chiusura della cupola centrale
L'intero edificio è sovrastato da cinque cupole, per la cui realizzazione fu chiamato l'architetto turco Ismail Khan[senza fonte]: la più grande (35 metri di altezza, 4 metri di spessore e i marmi che la compongono pesano 10.000 tonnellate, la cupola del Taj Mahal è poco più piccola della Cupola di San Pietro) è centrata, mentre le altre quattro sono più piccole (8 metri di diametro) e sono poste attorno a quella centrale in direzione dei lati corti dell'ottagono. Esse sono tutte generate dalla rotazione secondo un asse centrale di un arco ogivale. L'altezza della cupola centrale è evidenziata ed ulteriormente maggiorata dalla presenza di un elemento cilindrico (tamburo) che sovrasta il tetto per un'altezza di 7 metri e su cui poggia la cupola. Questo elemento è tuttavia quasi invisibile dalla prospettiva centrale in cui si pone l'osservatore ideale essendo coperto dall'estensione della facciata relativa all'arco di ingresso. In questo modo si ha l'impressione che la cupola sia molto più grande di quanto in realtà sia.

Al di sopra della cupola più grande è posto un elemento di chiusura decorativo che riprende lo stile indù e quello persiano. Questo, infatti, pur rappresentando una mezzaluna (elemento tipicamente islamico), presenta un'ulteriore parte appuntita tale che assieme alla mezzaluna coricata crei una forma a tridente, simbolo di Shiva, divinità indù.

Le cupole laterali si dipartono da otto archi polilobati sorretti da colonne che poggiano su un leggero rialzamento del soffitto in arenaria rossa. Nello spazio tra la cupola e gli archi sottostanti è presente un elemento leggermente sporgente di forma ottagonale sorretto da elementi simili a quelli dei balconi dei minareti, tali che convoglino le forze lungo le strutture portanti sottostanti. Esse sono, cioè, praticamente uguali alle cupole che sovrastano i minareti.

Tutte le cupole presentano nella loro parte superiore una decorazione scolpita a forma di foglie di loto.

I cenotafi

Immagine dei cenotafi
I cenotafi dell'imperatore e di sua moglie si trovano al livello della stanza principale, mentre le tombe vere e proprie (quelle contenenti le salme) si trovano nel livello immediatamente sottostante,[27] orientate in modo da essere esattamente nello stesso punto in cui si trovano i sovrastanti cenotafi. Il cenotafio della moglie dell'imperatore è al centro esatto della struttura, mentre quello dell'imperatore è ad un lato, nella parte occidentale. I cenotafi sono circondati da un recinto ottagonale in marmo perforato, in cui ognuno degli otto pannelli di cui è costituito è stato intagliato da una singola lastra marmorea, regalandogli una decorazione con figure floreali. Sono rivolti sull'asse est-ovest, verso La Mecca.

Il cenotafio della moglie dell'imperatore è decorato con il versetto 185 della terza sura del Corano, mentre l'altro riporta una scritta che lo identifica come quello dell'imperatore.

Al di sopra dei cenotafi c'è una lampada, posta agli inizi del XX secolo dal viceré Lord Curzon.



Simbolismi
La costruzione del mausoleo è simbolica: il massiccio plinto quadrato sottostante rappresenta il mondo materiale, la cupola circolare la perfezione della divinità e la forma ottagonale della struttura (l'ottagono è visto come forma intermedia tra il quadrato ed il cerchio) l'uomo, punto di giunzione tra i due mondi (materiale e spirituale). [senza fonte]


Il portale principale

Il portale ha nell'architettura islamica un'importanza particolare: esso rappresenta il punto di transizione tra il clamore del mondo esterno e materiale e la pace e la tranquillità dello spazio sacro e spirituale interno.[senza fonte]

Il portale (41x34 m² e alto 23 m) è una imponente struttura divisa in tre piani in arenaria rossa e marmo, da cui si accede al giardino interno. L'ingresso ha la forma di un'enorme nicchia semiottagonale sovrastata da un arco ogivale che si trova al centro della struttura. È costruito in modo tale da essere simmetrico, come tutto il resto del complesso. La sua altezza è esattamente la metà dell'altezza del mausoleo.

Affiancate all'apertura centrale ci sono due ulteriori nicchie disposte su entrambi i lati simmetricamente una sull'altra. All'interno della stessa apertura centrale, poi, sono disposti 6 archi ogivali suddivisi in 2 file in modo perfettamente simmetrico; l'arco centrale nella fila inferiore corrisponde all'ingresso al resto del complesso. L'apertura centrale è sovrastata da una copertura a volta generata dalla rotazione della metà di un arco ogivale secondo l'asse centrale. Tutte le altre (comprese quelle interne all'apertura centrale) sono coperte da una volta generata dalla traslazione di un arco ogivale lungo una direzione perpendicolare al piano di giacitura dell'arco stesso.

Nella parte superiore sono presenti 22 piccole cupole disposte lungo due file[senza fonte] nelle parti interna ed esterna del portale, e sorrette ognuna da due file di archi. Gli archi estremi di ognuna delle file sono sorretti da un pinnacolo stretto e alto che si innalza oltre le cupole e che ha la funzione di bilanciare le spinte laterali provocate dalla presenza degli archi. Tale configurazione è propria delle due facciate nord e sud dell'edificio. Le due rimanenti facciate differiscono da queste per l'assenza di un'estensione della facciata oltre il tetto e delle cupole che la sovrastano e la mancanza di un'apertura di ingresso.

In ognuno dei quattro angoli della struttura sono presenti ampie torri, riprendendo così la struttura del mausoleo. Tali strutture ottagonali sono sovrastate da cupole sorrette da otto archi ognuna. Al di sotto di questi una struttura sporgente ottagonale si estende oltre le pareti di queste torri. Quest'ultima è sorretta da elementi che permettono lo scarico delle forze lungo le pareti sottostanti.

Immediatamente al di sotto di ogni cupola presente nella struttura è presente una cornice che sporge oltre gli archi sottostanti e la cupola sovrastante.



Il giardino

Il giardino, dalla forma di un quadrato dal lato di 300 m,[1][29] ha la forma tipica dei giardini della dinastia Moghul: è diviso in quattro parti uguali da due canali che si incrociano nel mezzo. Al suo interno si trovano aiuole di fiori, viali alberati e canali d'acqua che creano un suggestivo effetto riflettendo l'immagine della costruzione alle loro spalle. Ogni quadrato formato dai canali si compone a sua volta di quattro parti (16 in totale) divise da percorsi rialzati pavimentati con pietra.[30] Si dice che in ognuna di queste furono piantate 400 piante.

Sorprende la ripetizione del numero 4 e dei suoi multipli.[non chiaro]

Per rimediare al fatto che il mausoleo si trova nell'estremità nord del giardino e non al suo centro nel punto di incontro dei due canali (che rappresenta il centro dell'intero giardino e di tutto il complesso) è stato posto un serbatoio di acqua che, in questo modo, riflette l'immagine del mausoleo. La parte interna del serbatoio è decorata con forme cuspidali. Sul lato meridionale del serbatoio, in posizione centrale, è posta una panchina: essa è un invito al visitatore a sedersi e osservare il mausoleo dalla posizione ideale, cioè da una prospettiva centrale, che permette di godere anche del riflesso sul serbatoio.[senza fonte] Posizionati lungo l'asse di simmetria dell'intero complesso, inoltre, è possibile godere appieno del perfetto bilanciamento tra i vari elementi che fa del Taj Mahal un capolavoro.
Sempre per questioni di simmetria, elementi evidenzia la divisione interna delle strutture in due piani. Al di sopra di tutta la struttura è presente una cupola marmorea che poggia su un basamento ottagonale composto da otto archi.

La struttura del giardino si rifà molto alla visione del paradiso in quel periodo: esso era visto come un giardino ideale abbondantemente rifornito d'acqua.[senza fonte] Nei testi mistici dell'Islam, poi, esso era descritto come composto da quattro canali che si incontrano in una montagna o una cascata centrali, che dividono il tutto nei quattro punti cardinali. La visione del giardino come simbolo del paradiso è ulteriormente rafforzata dalle calligrafie presenti sul portale principale, che presentano un invito ad entrare nel paradiso.[31] panchine simili sono poste anche lungo gli altri lati del serbatoio.

Due file di cipressi, simbolo di immortalità, sono poste parallelamente al canale. Per evitare che l'attenzione dell'osservatore sia sviata in direzioni laterali, i cipressi e le fontane nei canali sono posti esclusivamente lungo l'asse nord-sud.

Al termine dei canali che attraversano il giardino lungo la direzione est-ovest sono poste due costruzioni simmetriche dette Nagar Khanas (i portali secondari). Esse si attestano lungo il muro che circonda il complesso. Sono costituite di arenaria rossa e sono poste su un leggero rialzamento. Lungo la facciata sono poste due file di archi ogivali e, sopra di esse, due balconi.



I servizi idrici

Dettaglio delle fontane lungo il canale nord-sud
Gli architetti del Taj Mahal dotarono la struttura anche di un complicato sistema di condotte a gravità (per la maggior parte in terracotta) per fornire acqua alle vasche dell'intera struttura.

L'acqua proviene dal vicino fiume Yamuna attraverso un sistema di tubazioni sotterranee. Per prendere l'acqua dal fiume veniva utilizzata la forza di alcuni buoi che trascinavano una fune a cui era connesso un secchio. Da qui l'acqua veniva trasferita in un serbatoio di raccolta. Da qui si dipartivano delle tubazioni che, passando sotto il livello del suolo, attraversavano le mura esterne orientali e giungevano a rifornire le fontane presenti presso la moschea. Per rifornire le fontane del canale nord-sud e nel serbatoio centrale furono utilizzate tubazioni in rame.

Allo scopo di fornire acqua a tutto il complesso di fontane era sufficiente la differenza di quota tra il serbatoio di partenza e i punti di arrivo (le fontane) di circa 9,5 m. Il collegamento tra gli elementi è costituito da tubazioni per la maggior parte in terracotta del diametro di 0,25 m sotterrati ad una profondità di 1,8 m dal suolo.[32]

Per uniformare la pressione dell'acqua in ogni fontana furono costruiti dei recipienti sotto ogni fontana: in questo modo l'acqua in arrivo andava prima in questi recipienti e poi andava simultaneamente nelle fontane.[32]

L'ingegnoso sistema è tuttora presente, a segnalare la bravura del costruttore che riuscì a creare un acquedotto che ha passato ottimamente la prova del tempo senza avere la necessità di interventi di manutenzione.

Affiancate al mausoleo principale sorgono la moschea e il jawab (56x23 m² e alti 20 m),[1] che si trovano rispettivamente ad ovest e ad est della tomba, sono costruiti in arenaria rossa, in contrapposizione cromatica al bianco del marmo del mausoleo. Poggiano su un plinto anch'esso in arenaria rossa. Le strutture sono accompagnate da 4 torri ottagonali (coperte da una cupola sorretta da otto archi) poste agli angoli e da 3 eleganti cupole. Le cupole, di cui quella centrale è più grande delle altre, sono sorrette da elementi cilindrici pieni che si dipartono dal tetto sottostante.

Il jawab (risposta) è posto ad est della tomba in contrapposizione con la moschea, situata ad ovest. Le uniche differenze tra le due strutture, infatti, sono la presenza nella moschea della nicchia indicante la direzione della Mecca (mihrab), la pavimentazione (nel jawab fatta con motivi geometrici) e le citazioni del Corano.

Non è nota la funzione della struttura: si pensa che essa fosse solo un espediente architettonico per mantenere l'equilibrio simmetrico del complesso del Taj Mahal.[senza fonte]

La presenza delle due torri basse agli estremi del plinto in roccia arenaria, unitamente alla presenza di ulteriori due torri disposte in modo simmetrico di lato alla moschea, riprende la struttura del mausoleo in cui ai quattro angoli del plinto marmoreo quadrato sono posti i quattro minareti.

Dinanzi ad ognuno dei due edifici è posta una vasca contenente l'acqua: quella davanti alla moschea è necessaria al compimento delle abluzioni rituali che ogni fedele deve compiere prima di entrare e pregare.

Le decorazioni[modifica | modifica wikitesto]

Particolare delle calligrafie

Dettaglio delle decorazioni presenti sul Taj Mahal
« Hanno messo fiori di pietra nel marmo che per i loro colori, se non per il loro profumo, sorpassano i fiori veri »
(Abu Talib Kalim)
Le decorazioni del Taj Mahal si rifanno alla tradizione musulmana, la quale vietava ogni riproduzione di esseri viventi. Per questo motivo gli ornamenti presenti sono di tre tipi a seconda del soggetto: floreali, geometrici e calligrafici. Tutte le decorazioni sono state realizzate tramite la giustapposizione di pietre preziose e semipreziose incastonate nel marmo bianco secondo una tecnica tipicamente europea nota come "pietra dura".[33]

Le creazioni decorative si presentano, dunque, come un enorme mosaico che avvolge l'intera struttura evidenziandone gli elementi architettonici.

Le decorazioni sono talmente ricche di particolari che per realizzarle si è reso necessario l'utilizzo di più di 50 pezzi distinti di pietre semipreziose per realizzare un fiore di 3 cm. Oltre a queste decorazioni sono presenti anche bassorilievi intagliati direttamente dal marmo bianco: essi sarebbero opera dello scultore francese Austin di Bordeaux. Si dice inoltre che al termine di esse lo Shah abbia chiesto che venissero tagliati tutti i pollici degli scultori in modo che non potessero ripetere l'opera.



Particolarità

« Avete mai costruito un castello in aria? Qui ce n'è uno, portato giù sulla terra e fissato per la meraviglia dei tempi »
(Bayard Taylor)

I due cenotafi: l'asimmetria del cenotafio dell'imperatore è l'unica in tutto il complesso
Una ragione della straordinarietà dell'opera è la perfetta geometria[39] delle sue forme e la ricerca quasi ossessiva della simmetria. Ma la vera particolarità del Taj Mahal è la sua capacità di presentarsi con un aspetto sempre differente a seconda del momento in cui lo si osserva. Infatti, il sottile gioco di luci e ombre sul delicato marmo di cui è rivestita l'intera struttura, complici anche le pietre semi-preziose incastonate al suo interno, si presenta sempre diverso agli occhi dell'osservatore. A seconda dell'ora del giorno in cui è osservato, il Taj Mahal assume una colorazione bianca, rosa o dorata.

In origine il progetto prevedeva la costruzione di un complesso identico dalla parte opposta del fiume decorato con marmo nero invece che bianco, ed esisterebbero prove archeologiche che ne attesterebbero l'inizio della costruzione: nel progetto iniziale questo doveva essere il mausoleo dell'imperatore.[40] I due mausolei dovevano poi essere collegati con un ponte in marmo o in oro. Suo figlio, tuttavia, preoccupato per le ingenti somme di denaro già sborsate per la costruzione del primo mausoleo, costrinse il padre agli arresti e ne prese il posto sul trono nel 1658.[41] Questa tesi sarebbe rafforzata dalla recente scoperta di un giardino sull'altra sponda del fiume. Se questa teoria fosse vera, in origine l'imperatore aveva intenzione di realizzare una costruzione con un asse di simmetria anche lungo la direzione est-ovest e che comprendesse anche il fiume Yamuna: esso, cioè, doveva divenire parte integrante del complesso progettato.


Una raffiɡurazione moderna di Shah Jahan.
Per evitare che la bellezza dell'opera fosse uguagliata, l'imperatore ordinò che al completamento del complesso le mani degli artisti che ci lavorarono fossero mozzate[senza fonte][42] e che il progettista fosse decapitato.[43] Alcuni studiosi tuttavia ritengono che si tratti di una leggenda priva di alcun fondamento.

Alla sua morte (nel 1666), lo Shah Shah Jahan venne seppellito accanto alla moglie. L'ironia della sorte ha voluto che proprio l'imperatore fosse il responsabile della rottura della perfetta simmetria della struttura: le sue spoglie furono infatti portate nel mausoleo, ma la presenza della sua tomba non era prevista: la sua collocazione rovina la perfezione altrimenti assoluta della simmetria del Taj Mahal.[senza fonte]

Il complesso, per le sue caratteristiche, riuscì ad impressionare diversi artisti occidentali: a causa della sua perfetta simmetria e della struttura tripartita molto simile agli archi di trionfo, infatti, riuscì a guadagnarsi l'ammirazione di numerosi artisti neoclassici europei. Contemporaneamente, tuttavia, riuscì anche a catturare l'immaginazione dei romantici, attratti dal fatto che il complesso fosse stato costruito in onore di una donna, diventando così un "tempio all'amore" agli occhi degli artisti romantici.[senza fonte]



WIKIPEDIA

view post Posted: 10/3/2015, 10:02 l nuovo vaccino antimeningicoccoB Bexsero® (Novartis) - Come difendervi dai rischi delle vaccinazioni

l nuovo vaccino antimeningicoccoB Bexsero® (Novartis)



Il nuovo vaccino antimeningicoccoB Bexsero® (Novartis) è uno di quei medicinali sottoposti a monitoraggio addizionale, ovvero, è stata concessa licenza di sperimentazione in vivo sulla massa a un vaccino di cui non si conosce efficacia ed efficienza.

La scorsa settimana sono uscite le Linee Guida sull’uso del vaccino anti-meningococco nei bambini e negli adolescenti, scritte dalla Commissione Malattie Infettive dell’American Academy of Pediatrics [AAP], pubblicate su Pediatrics, che NON raccomandano la vaccinazione di routine nei bambini tra due mesi e 10 anni di età se non in presenza di un aumentato rischio di malattia meningococcica.
http://pediatrics.aappublications.org/cont...4-1383.abstract

La notizia è apparsa nei vari portali d'informazione medica, ma i soliti “venditori” ( vedi sito “Vaccinar-Si” e compagnia al seguito…) che tanto si affannano a contestare il contenuto della nostra pagina o dei vari siti di informazione indipendente, hanno “inavvertitamente” dimenticato di pubblicare questa notizia, a dimostrazione di quella correttezza professionale di cui si fregiano a parole ma che, a conti fatti, gli sfugge e non gli appartiene affatto.

Il 14 gennaio 2013 la Commissione europea ha rilasciato un’autorizzazione all’immissione in commercio per Bexsero®, il vaccino per prevenire infezioni con meningococchi B, valida in tutta l’Unione europea, a partire dai due mesi di eta'.
In Gran Bretagna dove la meningite meningococcica ha un tasso dieci volte superiore che in Italia, il comitato consultivo competente si e' inizialmente espresso contro l'introduzione nel programma nazionale di vaccinazioni.
http://www.guidasicilia.it/economia-novart...gite/news/61212
Successivamente (al 13/12/2014) Bexsero® ha ottenuto il consenso alla commercializzazione .
https://www.gov.uk/government/publications...occal-b-vaccine

Questo vaccino è stato approvato per l’Europa senza possedere le garanzie tecniche di “efficacy” ed “effectiveness“, supportata dal fatto che il foglietto illustrativo riporta immediatamente in apertura il triangolino nero rovesciato, riservato a farmaci “sorvegliati speciali” (una lista di farmaci autorizzati nell’Unione europea che devono essere strettamente sorvegliati dalle autorità che regolano la materia) e avvisa, indirettamente, che è in atto una “sperimentazione in vivo” sulla massa, alla ricerca della rapida identificazione di nuove informazioni sulla sicurezza.
Vedi lista farmaci sorvegliati speciali: http://www.ema.europa.eu/docs/en_GB/docume...WC500142453.pdf

Bexsero®, tra l’altro, NON protegge contro tutti i ceppi di meningococco di gruppo B circolanti...
a pag. 3
http://ec.europa.eu/health/documents/commu...x_125155_it.pdf

MORALE DELLA STORIA: si osserva che cambiando l’ordine dei fattori il prodotto finale non cambia.

La storia di approvazione di questo vaccino potrebbe rappresentare, benché non vi sia nulla da ridere, una delle tante barzellette in cui i protagonisti sono “un norvegese, un cubano, un neozelandese e un italiano“.
http://autismovaccini.org/2014/02/16/vacci...-e-un-italiano/

Lo scorso mese di maggio, su un sito di informazione indipendente uscì un articolo di denuncia sul rischio che i bambini italiani possano diventare cavie per il nuovo vaccino contro la meningite B, come già accaduto in passato per altri tipi di vaccini.
http://autismovaccini.org/2014/05/01/bambi...la-meningite-b/


Prelevato da facebook: The Cancer Magazine
view post Posted: 10/3/2015, 09:55 Somalo - Razze feline



Il somalo è una razza di gatto e viene descritto come un Abissino a pelo lungo.

Descrizione

Il somalo ha lo stesso carattere curioso, attivo e giocherellone dell'abissino, e con esso condivide anche l'aspetto. L'unica differenza tra loro è la lunghezza del pelo, però, al contrario della maggior parte dei gatti a pelo lungo, il somalo non ne perde molto: Il mantello viene cambiato quasi tutto assieme una o due volte l'anno e non costantemente come in un persiano.

Il somalo ha una coda appariscente che, assieme al pelo relativamente lungo, gli ha guadagnato l'appellativo di "gatto volpe". Oltre alla coda vaporosa il somalo presenta altri caratteri particolari come delle striature scure sul dorso (a seconda del colore del mantello), grandi orecchie, abbondante pelo su collo e sulle cosce il quale contribuisce ulteriormente all'apparenza volpina. Il pelo è multicromato, una variazione dei segni caratteristici dei soriani, ed alcuni Somali esibiscono striature da soriano in alcune parti del corpo. Ciò è visto come una deviazione del pedigree quindi tali esemplari vengono venduti solo se sterilizzati. L'unico segno-striatura apprezzato su un somalo è la tradizionale "M" soriana sulla fronte. Come l'abissino, esso ha un contorno scuro attorno agli occhi che fa sì che sembri truccato con la matita per gli occhi ed ha relativamente poco pelo bianco sul muso, mento e collo. Pelo bianco in altre aree del corpo rende l'esemplare di basso pregio per le esposizioni feline.

Il gatto somalo è di taglia media: 6 kg il maschio e 4 kg la femmina; ha il corpo di lunghezza media con muscolatura robusta e definita. La schiena è leggermente arcuata e dà l'impressione che l'animale sia sempre in attesa di compiere un salto.[1]



Storia

A causa della pesante perdita di gatti abissini durante la seconda guerra mondiale, gatti di pedigree sconosciuto furono usati per ricostituire la razza abissina ed è probabile che gatti portatori del gene recessivo del pelo lungo siano riusciti ad entrare a far parte del pool genetico della popolazione[2]. Quindi, negli anni 50 del novecento durante dei programmi di allevamento di gatti abissini un certo numero di essi nacque con un mantello più morbido e con pelo più lungo.

Ad ogni modo è possibile che l'introduzione del gene recessivo per il pelo lungo sia avvenuta precedentemente, ancora prima della registrazione, nel 1905, dei 12 gatti che diventarono, secondo il National Cat Club, i capostipiti della razza Abissina, i quali avevano ognuno almeno un genitore di origine sconosciuta. Altri pensano che l'abissino a pelo lungo (il somalo) non sia altro che il risultato di una mutazione spontanea interna al gruppo degli Abissini.[3]

I primi somali erano esemplari a pelo lungo in cucciolate casuali di abissini. Negli anni 40 del novecento un'allevatrice britannica, Janet Robertson, esportò alcuni cuccioli di abissino standard in Australia, Nuova Zelanda e Nord America. I discendenti di questi gatti produssero occasionalmente esemplari a pelo lungo e nel 1963, Mary Mailing, un'allevatrice canadese, ne portò per la prima volta un esemplare ad una mostra. Ken McGill, il giudice, richiese il riconoscimento di una nuova razza. Al contrario delle credenze comuni, il somalo è una razza di origine australiana, non somala. Il primo somalo ufficiale fu Mayling Tutsuta, il gatto di McGill.

Wikipedia



Somalo Pulizie

Il mantello del somalo attira davvero l'attenzione sul ticchettio che dà un aspetto selvaggio che è molto insolito per un gatto dai capelli lunghi. Ogni capello ha fasce di colore che contrastano. Il cappotto del somalo è il più lungo sulle cosce. Una caratteristica del Somalio è la coda, che gli ha fatto guadagnare il nome di Feline Fox. La splendida pelliccia è molto facile da curare, un colpo di pettine settimanalmente è tutto ciò che è necessario per mantenere il somalo pulito e sentirsi bene.

Personalità somalo

I gatti Somali sono brillanti, spumeggianti, con una personalità energica e amorevole. Sono gatti intelligenti e attivi, che dimostrano una vera devozione al proprio padrone. I gatti somali sono intensamente affezionati alla loro famiglia, e sono solitamente estroversi anche con i visitatori. Questi gatti fanno sentire la loro presenza e amano condividere la loro gioia de vivere con gli esseri umani nella loro vita. Spesso gli piace stare sul la spalla per controllare quello che stai facendo, contribuirà con i lavori di casa, sono grandi a fare i letti!

Il gatto somalo può camminare al guinzaglio e fare giochi di recupero. Sebbene possono essere chiassosi durante il gioco, sono molto gentili, e sono eccellenti compagni per i bambini più grandi. Sono gli animali domestici che realmente possono dare qualcosa di speciale a ogni membro della famiglia. Non stanno in giro per periodi di tempo lunghi, ma di solito vogliono essere vicini a voi per essere parte di ciò che si sta facendo.


FONTE







view post Posted: 10/3/2015, 09:44 Abissino - Razze feline



Il gatto abissino è una razza felina originaria dell'Etiopia, chiamata anche Abissinia, da cui prende il nome

Storia

Si ritiene che si tratti di un tipo morfologico molto antico: i resti mummificati degli antichi gatti egizi e le riproduzioni negli affreschi tombali furono messi a confronto a fine Ottocento con i gatti viventi in Abissinia, rilevando una perfetta somiglianza, soprattutto per quanto riguarda la tonalità fulvo-dorata del mantello e le dimensioni. Per tale ragione si diffuse l'opinione che l’odierna razza abissina sia la diretta discendente dei felini Egizi, quelli che diedero volto e corpo alla Dea Bastet.

Pare che il progenitore fosse Zula, un gatto introdotto nel Regno Unito dal capitano Leonard Barrett al suo ritorno dalla spedizione inglese in Abissinia. La razza assunse uno standard definitivo in Gran Bretagna e fu riconosciuta nel 1929.

È tra le dieci razze più diffuse negli Stati Uniti e tra le cinque nel Nord America, mentre in Europa è meno diffuso.



Aspetto

Così come le altre razze di origine africana, l'abissino possiede caratteristiche che permettono una buona resistenza alle temperature calde. Il corpo di taglia media oscilla tra i 4 e i 7,5 chili, è slanciato, snello e aggraziato con arti sottili ma muscolosi che terminano in piedi piccoli e ovali. Ha occhi ovali e obliqui (gialli, verdi o nocciola) su un capo a cuneo piedi piccoli ovali e coda lunga e affusolata.

Difetti che escludono il CAC. Medaglione bianco. Bianco troppo esteso sul petto. Collare chiuso. Presenza di sottopelo. Assenza di ticking. Striature sulle quattro zampe. Macchie sul ventre. Testa rotonda.
Può soffrire di atrofia della retina.



Mantello

Il pelo è corto, ma possiede comunque una lunghezza tale da avere su ogni pelo due o tre bande di colore, il ticking, la caratteristica principale della razza. Folto, lucido, morbido e aderente al corpo. Denso e consistente al tatto.

Il colore tipico è l’agouti caratterizzato dal ticking, l’alternanza di bande chiare e scure su ogni pelo. Il primo colore selezionato è il lepre, o ruddy, seguito da sorrel, blu, fawn, e tutte queste tonalità in silver.

Lepre: corpo bruno-arancio picchiettato di nero. Sono richieste almeno 2-3 bande di colore su ogni singolo pelo tranne il ventre e l’interno delle zampe che invece sono di color albicocca scuro.
Sorrel: corpo rosso rame picchiettato di marrone. Sono richieste almeno 2-3 bande di colore su ogni singolo pelo tranne il ventre e l’interno delle zampe che invece sono albicocca-fulvo chiaro.
Blu: corpo azzurro-grigio caldo, scuro, intenso. Sono richieste almeno 2-3 bande di colore su ogni singolo pelo tranne il ventre e l’interno delle zampe che invece sono di un beige rosato chiaro.
Fawn: corpo rosa-beige picchiettato di un rosa più caldo. Sono richieste almeno 2-3 bande di colore su ogni singolo pelo. Il ventre e l’interno delle zampe sono beige rosato più chiaro, però, del blu.
Silver: la tonalità del silver è una delle più recenti e rare; sono praticamente i colori sopra elencati in silver: black silver (lepre), sorrel silver, blu silver, fawn silver. Sono tutte caratterizzate dal mantello bianco-argentato, quindi più chiaro.



Carattere

I tratti caratteriali tipici sono la caparbietà e la continua richiesta di attenzioni da parte del padrone:[4] deve essere coinvolto nella vita domestica e avere la possibilità di sfogare le proprie energie nel movimento e nel gioco. È un gatto poco aggressivo ed inoltre socievole, che apprezza la compagnia di un altro gatto; è molto agile e curioso, soprattutto nei primi mesi di crescita: i gattini infatti sono estremamente vivaci.

wikipedia



Abissino salute generale.

Le vaccinazioni devono essere sempre tenute aggiornate e controlli di routine devono essere effettuati regolarmente. Al primo segno di una malattia deve essere curato tempestivamento da un veterinario.
Molti felini sono inclini a gengivite, come lo sono alcuni abissini. Una dieta corretta è spesso il principale fattore che previene gengivite e prevenire la formazione di tartaro sui denti.

La malattia renale "Amiloidosi renale:" è stata associata a il gatto abissino e si pensa che sia genetica. Questo disturbo si traduce spesso in insufficienza renale. Questa malattia è anche in molte altre razze di gatti, ma purtroppo, alcuni veterinari in modo errato lo etichettano come puramente una malattia del' abissino.I selezionatori responsabili faranno del loro meglio per evitare il perpetuare di problemi di salute, quindi è importante quando si acquista un gattino rivolgersi a un selezionatore stimato e uno con cui si possono discutere tutti gli aspetti dell' abissino comprese le questioni di salute.






view post Posted: 10/3/2015, 09:13 "Vi racconto come il pensiero può farvi ammalare o guarire" - Medicina e scienza di frontiera

"Vi racconto come il pensiero può farvi ammalare o guarire"



Enzo Soresi, tisiologo, anatomopatologo, oncologo, già primario di pneumologia al Niguarda di Milano. Nel libro "Il cervello anarchico" racconta casi di persone uccise dallo stress o salvate dallo choc carismatico della fede

Dopo una vita passata a dissezionare cadaveri, a curare tumori polmonari, a combattere tubercolosi, bronchiti croniche, asme, danni da fumo, il professor Enzo Soresi, 70 anni, tisiologo, anatomopatologo e oncologo, primario emerito di pneumologia al Niguarda di Milano, ha finalmente individuato con certezza l’epicentro di tutte le malattie: il cervello. Negli ultimi dieci anni, cioè da quando ha lasciato l’ospedale per dedicarsi alla libera professione e tuffarsi con l’entusiasmo del neofita negli studi di neurobiologia, ha maturato la convinzione che sia proprio qui, nell’encefalo, l’interruttore in grado di accendere e spegnere le patologie non solo psichiche ma anche fisiche.

C’era già arrivato per intuizione il filosofo ateniese Antifonte, avversario di Socrate, nel V secolo avanti Cristo: «In tutti gli uomini è la mente che dirige il corpo verso la salute o verso la malattia, come verso tutto il resto». Soresi c’è arrivato dopo aver visto gente ammalarsi o guarire con la sola forza del pensiero. Primo caso: «Ho in cura una signora di Milano il cui marito, integerrimo commercialista, la sera andava a bucare le gomme delle auto. Per il dispiacere s’è ammalata di tubercolosi. Io lo chiamo danno biologico primario». Secondo caso: «Un agricoltore sessantenne con melanoma metastatico incontrò Madre Teresa di Calcutta, ricevette in dono un’immaginetta sacra e guarì. Io lo chiamo shock carismatico». Il professore ha dato una spiegazione scientifica al miracolo: «Il melanoma è un tumore che viene identificato dagli anticorpi dell’organismo, tant’è vero che si sta studiando da 30 anni un vaccino specifico. Non riusciamo a controllarlo solo perché l’antigene tumorale è talmente aggressivo da paralizzare il sistema immunitario. Nel caso del contadino ha funzionato una combinazione di fattori: aspettativa fideistica, strutture cerebrali arcaiche, Madre Teresa, consegna del santino. Risultato: il suo organismo ha sprigionato fiumi di interferoni e interleuchine che hanno attivato gli anticorpi e fatto fuori il cancro».
Come Soresi illustra nel libro Il cervello anarchico (Utet), già ristampato quattro volte, la nostra salute dipende da un network formato da sistema endocrino, sistema immunitario e sistema nervoso centrale. «Il secondo ci difende e ci organizza la vita. Di più: ci tollera. L’organo-mito è il linfocita, un particolare tipo di globulo bianco che risponde agli attacchi dei virus creando anticorpi. Abbiamo 40 miliardi di linfociti. Quando si attivano, producono ormoni cerebrali. Questa si chiama Pnei, psiconeuroendocrinoimmunologia, una nuova grande scienza, trascurata dalla medicina perché nessuno è in grado di quantificare quanti neurotrasmettitori vengano liberati da un’emozione. Io e lei siamo due esperimenti biologici che datano 4 miliardi di anni. Io sono più riuscito di lei. Perciò nego la vecchiaia. Non c’è limite alla plasticità cerebrale, non c’è limite alla neurogenesi. Esiste un flusso continuo di cellule staminali prodotte dal cervello: chi non le utilizza, le perde. Le premesse della longevità sono due: camminare 40 minuti tre volte la settimana - altrimenti si blocca il ricambio delle cellule e non si libera un fattore di accrescimento, il Bdnf, che nutre il cervello - e studiare».
Secondo il medico-scrittore, è questa la strada per allungare la vita di 10 anni. «Quando ci impegniamo a leggere o a compilare le parole crociate, le staminali vengono catturate dalla zona dell’encefalo interessata a queste attività. Se io oggi sottopongo la sua testa a una scintigrafia e poi lei si mette a studiare il cinese, fra tre anni in un’altra scintigrafia vedrò le nuove mappe cerebrali che si sono create per immagazzinare questa lingua. Prenda i tassisti di Londra: hanno un ippocampo più grande perché mettono in memoria la carta topografica di una città che si estende per 6 miglia».
Il professor Soresi è cresciuto in mezzo alle lastre: suo padre Gino, tisiologo, combatteva la Tbc nel sanatorio Vialba di Milano, oggi ospedale Sacco. Si considera un tuttologo, al massimo un buon internista, che ha scoperto l’importanza della neurobiologia studiando il microcitoma. «È un tumore polmonare che ha la caratteristica di esordire con sindromi paraneoplastiche, cioè con malattie che non c’entrano nulla col cancro: artrite reumatoide, tiroidite autoimmune, sclerodermia, reumatismo articolare. È una neoplasia che nel 100% dei casi scompare con quattro cicli di chemioterapia. Eppure uccide lo stesso nel giro di sei mesi. Era diventato la mia ossessione: non riuscire a guarire una cosa che sparisce».
Com’è possibile?
«Ci ho scritto 100 lavori scientifici e ci ho messo 30 anni a capirlo: perché il microcitoma ha una struttura neuroendocrina. La massa nel polmone scompare, ma si espande con metastasi ovunque. Ne ho concluso che la medicina non è una vera scienza. Tuttalpiù una scienza in progress».
Diciamo una scienza inesatta.
«L’ho provato sulla mia pelle nel 1950. Ero basso di statura, come adesso, e mio padre si preoccupava. Eppure le premesse genetiche c’erano tutte: lui piccolo, mia madre piccola. Mi portò dal mitico professor Nicola Pende, endocrinologo che aveva pubblicato sei volumi sul timo come organo chiave dell’accrescimento. Pende mi visitò, mi palpò i testicoli e concluse: “Questo bambino ha il timo iperplastico, troppo grosso. Bisogna irradiarlo”. Se mio padre avesse seguito quel consiglio, sarei morto. Questa è la medicina, ragazzi, non illudiamoci».
Torniamo al cervello.
«Sto aspettando di diventare nonno. Il tubo neurale della mia nipotina ha cominciato a svilupparsi dal secondo mese di gravidanza. Alla nascita il cervello non sarà ancora programmato, bensì in fase evolutiva. L’interazione con l’ambiente lo strutturerà. Ora facciamo l’ipotesi che un neonato abbia la cataratta: se non viene operato entro tre mesi, i neuroni specifici della vista non si attivano e quel bimbo non vedrà bene per il resto della vita. Oppure poniamo che la madre sia ansiosa e stressata, il padre ubriacone e manesco: lei capisce bene che i segnali ricevuti dal neonato sono ben diversi da quelli che sarebbero auspicabili. E questo vale fino al terzo anno di vita, quando nasce il linguaggio, che attiva la coscienza del sé, e la persona assume una sua identità. Di questi primi tre anni d’inconsapevolezza non sappiamo nulla, è una memoria implicita, un mondo sommerso al quale nessuno ha accesso, neanche l’interessato, neppure con la psicoanalisi. Ma sono i tre anni che ci fanno muovere».
Allora non è vero che si può «entrare» nel cervello.
«Ai tempi in cui facevo le autopsie, aprivo il cranio e manco sapevo a che cosa servissero i lobi frontali. Li chiamavamo lobi silenti, proprio perché ne ignoravamo la funzione. Molti anni dopo s’è scoperto che sono la sede dell’etica, i direttori d’orchestra di ogni nostra azione».
E graziaddio avete smesso con le lobotomie.
«A quel punto sono addirittura arrivato a fare le diagnosi a distanza. Se mi telefonavano dalla clinica dicendo che un paziente con un tumore polmonare s’era messo d’improvviso a urlare frasi sconce o aveva tentato di violentare la caposala, capivo, dalla perdita del senso etico, che era subentrata una metastasi al lobo frontale destro».
Ippocrate aveva definito il cervello come una ghiandola mammaria.
«Aveva còlto la funzione secretiva di un organo endocrino che non produce solo i neurotrasmettitori cerebrali - la serotonina, la dopamina, le endorfine - ma anche le citochine, cioè la chiave di volta dei tre sistemi che formano il network della vita. Lei sa che cosa sono le citochine?».
Sì e no.
«Sono 4 interferoni, che aiutano le cellule a resistere agli attacchi di virus, batteri, tumori e parassiti, e 39 interleuchine, ognuna con una funzione specifica. Se sono allegro e creativo libero citochine che mi fanno bene, se sono arrabbiato e abulico mi bombardo di citochine flogogene, che producono processi infiammatori. Ecco perché il futuro della medicina è tutto nel cervello. Le faccio un esempio di come il cervello da solo può curare una patologia?».
La ascolto.
«Avevo un paziente affetto da asma, ossessivo nel riferire i sintomi. Più gli davo terapie, più peggiorava. Torna dopo tre mesi: “Sono guarito”. Gli dico: senta, non abbassi la guardia, perché dall’asma non si guarisce. “No, no”, risponde lui, “avevo il malocchio e una fattucchiera del mio paese me l’ha tolto infilandomi gli spilloni nel materasso”. La manderei da un esperto in malocchi, replico io. E riesco a spedirlo dallo psichiatra Tullio Gasperoni. Il quale accerta che il paziente era in delirio psicotico. Conclusione: da delirante stava bene, da presunto normale gli tornava l’asma».
Effetto placebo degli spilloni.
«Paragonabile a quello dei finti farmaci. L’effetto placebo arriva a rispondere fino al 60% nel far scomparire un sintomo. Noi medici non possiamo sfruttarlo, altrimenti diventerebbe un inganno. Ma esiste anche l’effetto nocebo».
Esemplifichi.
«Donna di altissimo livello culturale, fumatrice accanita. Il marito, un imprenditore fratello di un noto politico, la tradiva sfrontatamente con una giovane amante. Quando la informai che aveva un tumore polmonare, mi raggelò: “Non m’interessa. L’importante è che lo dica a mio marito”. Cosa che feci, anche in maniera piuttosto teatrale. Lui scoppiò a piangere, lei sfoderò un sorriso trionfale. È evidente che due anni di stress violento avevano provocato nella donna un abbassamento delle difese immunitarie. Almeno morì contenta, sei mesi dopo. Vuole un altro esempio? Una cara amica con bronchiettasie bilaterali. Antibiotici su antibiotici. Qual era il movente? Non andava più d’accordo col marito. Per due anni non la vedo. La cerco al telefono: “Enzo, mi sono separata, vado in chiesa tutte le mattine, sto bene”. L’assetto psichico stabilizzato le ha consentito di ritrovare la salute. Continuo?».
Prego.
«Colf di 55 anni, origine salernitana, tradizionalista. Mai un giorno di malattia. La figlia le dice: “Vado in Inghilterra a fare la cameriera”. Stress di 10 giorni, ginocchio gonfio così. La lastra evidenzia un’artrosi della tibia: non s’era mai attivata, ma al momento del disagio mentale è esplosa. C’è voluto un intervento chirurgico».
Nel libro Il cervello anarchico lei riferisce di sogni premonitori.
«Sì. Viene da me uno psichiatra milanese, forte fumatore, con dolori scheletrici bestiali. Mi racconta d’aver sognato la sua tomba con la data della morte sulla lapide. Lastra e Tac negative. Era un tumore polmonare occulto, con metastasi ossee diffuse. Morì esattamente nel giorno che aveva sognato. Del resto lo psicoanalista Carl Gustav Jung mentre dormiva avvertì un forte colpo alla nuca, dopodiché gli apparve in sogno un amico che gli disse: “Mi sono sparato. Ho lasciato il testamento nel secondo scaffale della libreria”. L’indomani andò a casa dell’amico: s’era suicidato e la busta era nel posto indicato».
I miracoli secondo lei che cosa sono? Eventi soprannaturali o costruzioni del cervello?
«Io sono per un pensiero laico. Credo nella forza della parola. Se noi due ci parliamo, piano piano modifichiamo il nostro assetto biologico, perché la parola è un farmaco, la relazione è un farmaco. Di sicuro credere fa bene. Un gioielliere milanese mi portò la madre, colpita da metastasi epatiche. Potei prescriverle soltanto la morfina per attenuare il dolore. La compagna brasiliana di quest’uomo si chiama Maria di Lourdes e ha una sorella monaca in una congregazione religiosa che nella foresta amazzonica prega a distanza per le guarigioni. Maria di Lourdes telefonò al suo uomo dal Brasile: “Di’ alla mamma che le suore pregheranno per lei all’ora X del giorno X”. Da quel preciso istante la paziente oncologica, che prima urlava per il dolore, non soffrì più».
Come si mantiene in buona salute il cervello?
«Ho un cugino architetto, mio coetaneo, che sembrava un rottame. S’è iscritto all’università della terza età, ha preso passione per la lingua egiziana, tutti i giorni sta cinque ore davanti al computer, ha già tradotto quattro libri in italiano dall’egiziano. È ringiovanito, ha cambiato faccia».
Sappiamo tutto del cervello?
«Nooo! Sul piano anatomico e biologico sappiamo intorno al 70%. Ma sulla coscienza? Qui si apre il mondo. Lei calcoli che ogni anno vengono pubblicati 25.000 lavori scientifici di neurobiologia».
Allora come fa una legge dello Stato a dichiarare morto un organo che per il 30% ci è ignoto e della cui coscienza sappiamo poco, forse nulla?
«Siccome si muove per stimoli elettrici, nel momento in cui l’elettroencefalogramma risulta muto significa che il cervello non è più attivo».
Ma lei che cosa pensa della morte cerebrale?
«Mi fermo... Però ha ragione, ha ragione lei a essere così attento alla dichiarazione di morte. Nello stesso tempo c’è un momento in cui comunque bisogna dichiarare la morte di un individuo dal punto di vista biologico».
Prima del 1975 dichiaravate la morte quando il cuore si fermava, l’alito non appannava più lo specchio, il corpo s’irrigidiva.
«Eh, lo so... La morte cerebrale consente di recuperare gli organi per i trapianti».
Ha mai sperimentato su di sé disagi psichici che hanno influenzato il suo stato di salute?
«Nel 1971 ho sofferto moltissimo per la morte di mia moglie Marisa, uccisa da un linfogranuloma a 33 anni. Devo tutto a lei. Era una pittrice figurativa che andò a studiare negli Stati Uniti appena sedicenne e indossava i jeans quando a Milano non si sapeva manco che esistessero. La malattia cambiò la sua arte. Cominciò a dipingere corpi sfilacciati, cuori gettati sopra le montagne. Fu irradiata in maniera scorretta da un grande radioterapista dell’epoca, per cui nell’ultimo anno di vita rimase paralizzata. Nostro figlio Nicolò, nato nel 1968, l’ho cresciuto io. Marisa mi ha lasciato un modello perfetto: un bambino che riesce a sopportare persino la perdita più straziante solo perché la mamma ha saputo far sviluppare armonicamente il suo cervello nei primi tre anni di vita».

(414. Continua)
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FONTE

view post Posted: 9/3/2015, 09:19 Le cascate pietrificate di Pamukkale, in Turchia - Le meraviglie della natura

Le cascate pietrificate di Pamukkale, in Turchia



Il sito naturale di Pamukkale (che in turco significa “castello di cotone”) offre un panorama così fantastico da sembrare irreale, con foreste minerali, cascate “pietrificate”, cateratte, stalattiti e bacini terrazzati. La zona, che sorge nella provincia di Denizli, nella Turchia sud-occidentale, fu inoltre scelta dalla dinastia degli Attalidi nel II secolo a.C. come sede termale, sicché i turisti possono visitare i resti dei bagni, di templi e altri monumenti greci.











view post Posted: 9/3/2015, 09:11 5 MOTIVI PER EVITARE ORTAGGI TAGLIATI E CONFEZIONATI - Attenzione a ciò che mangiamo

5 MOTIVI PER EVITARE ORTAGGIO TAGLIATI E CONFEZIONATI




Abbiamo realmente bisogno di acquistare gli ortaggi già tagliati e confezionati presenti tra gli scaffali del supermercato? Si tratta di una tipologia di prodotti acquistati nell’illusione dirisparmiare tempo e denaro e per ragioni di presunta praticità.
In realtà, il più delle volte, il loro acquisto determina un ingiustificato dispendio di denaro, anziché garantire il tanto agognato risparmio, oltre a condurre alla scelta di alimenti più poveri di nutrienti rispetto ai corrispondenti prodotti interi, dalla provenienza il più possibile locale e non industriale. Ecco alcuni spunti di approfondimento riguardanti le motivazioni per evitare di acquistare ortaggi pronti per essere consumati, senza dimenticare la questione packaging e rifiuti.

1) Hanno una maggiore impronta di carbonio

Spesso pensiamo alla possibilità di ridurre l’impatto ambientale degli alimenti che portiamo sulle nostre tavole insita nella scelta di prodotti a chilometri zero, che abbiano compiuto la minore distanza possibile per giungere fino a noi. Un altro importante aspetto relativa all’impronta di carbonio dei nostri cibi riguarda i loro processi produttivi. Prima del trasporto, frutta, verdura, legumi e altri alimenti di provenienza industriale passano attraverso numerose fasi generatrici diemissioni di Co2 e di sprechi idrici ed energetici, come lavaggi che possono prevedere l’utilizzo di sostanze disinfettanti, irraggiamento per la distruzione dei batteri, refrigeramento, che può essere necessario sia durante il trasporto che nel corso della permanenza nei magazzini. La loro produzione a livello industriale richiede elevati consumi energetici, dovuti all’impiego di macchinari utilizzati per disinfettare, affettare e confezionare gli stessi. Mediante l’acquisto di ortaggi interi e sfusi tutto ciò viene evitato in gran parte, o del tutto se essi provengono direttamente dal nostro orto o da un mercato contadino della nostra città.

2) Non sono sempre piu’ puliti

L’avrete certamente notato, nel caso vi sia capitato di acquistare degli ortaggi già affettati, o comunque privati delle parti solitamente considerate di scarto e dunque confezionati: non sempre gli ortaggi confezionati sono così puliti come ci si aspetterebbe. Non di rado tra porri, finocchi e cespi d’insalata può capitare di intravedere della sporcizia che è necessario eliminare prima del loro consumo, costringendovi ad un ulteriore spreco di acqua, rispetto a quanta non ne sia già stata utilizzata per la loro pulizia, seppur non perfetta, prima del confezionamento industriale. Proprio all’interno dell’industria alimentare non sono poi così rare lecontaminazioni batteriche. La lunga conservazione degli ortaggi, soprattutto se fuori stagione, può provocare il rapido sviluppo di muffe, che a volte possono presentarsi già a poche ore dall’acquisto, insieme a marciumi. Anche da questo punto di vista, meglio affidarsi a prodotti di stagione, il meno possibile trattati industrialmente e di provenienza certa. Di regola, anche gli ortaggi già puliti, tagliati e confezionati andrebbero comunque lavati prima dell’utilizzo, in modo da eliminare non soltanto tracce di sporcizia ma anche da contrastare eventuali residui di pesticidipresenti sulla loro superficie.

3) Sono piu’cari

La comodità si paga, ecco la verità, e costa cara. E’ sufficiente confrontare il prezzo di una confezione di insalata in busta con quello di un bel cespo di lattuga per rendersi conto di come scegliendo di non “perdere tempo” per pulire e sminuzzare la propria insalata, si sia però costretti a pagare di più per una quantità di prodotto decisamente inferiore e che tende a deteriorarsi più facilmente, oltre che comunque bisognosa di essere lavata e risciacquata ancora una volta prima del consumo, per una maggiore sicurezza. Il caso dell’insalata in busta è soltanto uno dei tanti esempi in proposito. Pensate ad esempio alle confezioni di carote già tagliate a bastoncini o alle confezioni di piccole parti di ortaggi vendute come verdure essenziali per la preparazione del minestrone. In linea generale, acquistando ortaggi interi si risparmia, se prendiamo in considerazione il prezzo al chilo. Scegliendo ortaggi biologici – ormai non sempre molto più cari rispetto agli ortaggi convenzionali, e gratis se provenienti direttamente dal proprio orto – il risparmio sarà ancora maggiore, poiché si potranno consumare senza problemi anche bucce, gambi e foglie commestibili, evitando ogni tipo di scarto.

4) Non sono altrettanto salutari

Ortaggi e frutta confezionati e pronti per essere consumati possono essere considerati come un alternativa più salutare rispetto alle classiche merendine, nel momento in cui ci si trova alla ricerca di uno spuntino spezzafame. Ciò di cui a volte non si tiene conto in un simile paragone riguarda il fatto che l’esposizione all’aria ed alla luce degli ortaggi e della frutta, una volta affettati o privati della buccia, può compromettere il contenuto nutritivo degli stessi. Una volta che un frutto o un ortaggio ricco di vitamina C viene affettato, per tale vitamina e per altri nutrienti, come il betacarotene, prende il via un processo di degradazione, che contribuisce ad impoverire tali alimenti. Rappresenta dunque una soluzione migliore preferire frutta ed ortaggi interi, da sbucciare ed affettare al momento. Del resto si tratta di operazioni che richiedono pochi minuti e sarà la salute a guadagnarne.

5) Hanno piu’ imballaggi

Attraversando le corsie del supermercato è molto semplice accorgersi del quantitativo esorbitante di imballaggi impiegati da parte dell’industria alimentare non soltanto per ragioni di sicurezza ed al fine di proteggere gli alimenti, ma anche semplicemente a scopo pubblicitario ed al fine diattirare i consumatori verso l’acquisto di un determinato prodotto. Frutta e verdura sono alimenti sani di per sé, non necessitano di spot pubblicitari che ne esaltino le qualità nutrizionali, eppure le esigenze attribuite ai consumatori moderni hanno portato alla creazione di confezioni di ortaggi già affettati e pronti all’uso, avvolti in un packaging sovrabbondante, costituito da pellicole trasparenti, vaschette di plastica o di polistirolo, linguette e scatolette in cartone che non possono che contribuire ad aumentare giorno dopo giorno i rifiuti accumulati quotidianamente da parte di ogni cittadino e di ogni famiglia.

Ecco dunque un ulteriore ed ultimo motivo per evitare il più possibile l’acquisto di ortaggi e frutta affettata e confezionata. Meglio scegliere prodotti interi e da affettare una volta giunti a casa, così da poter risparmiare dal punto di vista economico, guadagnare un maggior apporto nutritivo per quanto concerne il mantenimento di una buona salute attraverso l’alimentazione e contribuire a ridurre la quantità di materiali di scarto prodotti da destinare alla raccolta dei rifiuti.

Marta Albè

Fonte: http://www.greenme.it/consumare/eco-spesa/...ti-confezionati
view post Posted: 9/3/2015, 09:05 Il Waimea Beach Park - Le meraviglie della natura
Il Waimea Beach Park è situato nel North-Shore dell'isola di Oahu, Hawaii

La più vicina massa continentale si trova ad oltre 4000 km di distanza per cui, nonostante giuridicamente appartengano agli Stati Uniti, geograficamente fanno parte del continente Oceanico. Spiagge bianchissime punteggiate da palme si alternano a montagne vulcaniche dalle pareti verticali ricoperte da fitta vegetazione, un’esplosione di colori, un mix tra azzurro e verde intervallato dal giallo e dal rosso di ibischi e orchidee.









view post Posted: 9/3/2015, 08:58 Le cascate del Niagara congelano d'inverno - Le meraviglie della natura
Ecco a voi delle splendide immagini delle cascate del Niagara perfettamente congelate d'inverno..immagini uniche che toccano l'anima......









view post Posted: 8/3/2015, 10:30 L’OSPEDALE PSICHIATRICO VISTO DA UNO SCIAMANO - Malattia mentale e disabilità
Quanti medium e sensitivi sono stati chiusi anche in passato negli ospedali psichiatrici? Tantissimi! Loro che dicevano di sentire delle voci..e così dichiarati "pazzi".....ma questo avviene anche oggi...guai a dire sento qualcosa..sento delle voci..mi parlano allora sei pazzo!!!!
view post Posted: 7/3/2015, 12:19 COSA E’ LA MORTE? RISPONDE UNA BAMBINA CON CANCRO TERMINALE - The children of ligth: i "Figli della Luce"

COSA E’ LA MORTE? RISPONDE UNA BAMBINA CON CANCRO TERMINALE



“Quando sarò morta, penso che la mia mamma avrà nostalgia, ma io non ho paura di morire. Non sono nata per questa vita!”



Come oncologo con 29 anni di esperienza professionale, posso affermare di essere cresciuto e cambiato a causa dei drammi vissuti dai miei pazienti. Non conosciamo la nostra reale dimensione fino a quando, in mezzo alle avversità, non scopriamo di essere capaci di andare molto più in là.

Ricordo con emozione l’Ospedale Oncologico di Pernambuco, dove ho mosso i primi passi come professionista. Ho iniziato a frequentare l’infermeria infantile e mi sono innamorato dell’oncopediatria.

Ho assistito al dramma dei miei pazienti, piccole vittime innocenti del cancro. Con la nascita della mia prima figlia, ho cominciato a sentirmi a disagio vedendo la sofferenza dei bambini. Fino al giorno in cui un angelo è passato accanto a me!



Vedo quell’angelo nelle sembianze di una bambina di 11 anni, spossata da due lunghi anni di trattamenti diversi, manipolazioni, iniezioni e tutti i problemi che comportano i programmi chimici e la radioterapia. Ma non ho mai visto cedere quel piccolo angelo. L’ho vista piangere molte volte; ho visto anche la paura nei suoi occhi, ma è umano!
Un giorno sono arrivato in ospedale presto e ho trovato il mio angioletto solo nella stanza. Ho chiesto dove fosse la sua mamma. Ancora oggi non riesco a raccontare la risposta che mi diede senza emozionarmi profondamente.

“A volte la mia mamma esce dalla stanza per piangere di nascosto in corridoio. Quando sarò morta, penso che la mia mamma avrà nostalgia, ma io non ho paura di morire. Non sono nata per questa vita!”

“Cosa rappresenta la morte per te, tesoro?”, le chiesi.

“Quando siamo piccoli, a volte andiamo a dormire nel letto dei nostri genitori e il giorno dopo ci svegliamo nel nostro letto, vero? (Mi sono ricordato delle mie figlie, che all’epoca avevano 6 e 2 anni, e con loro succedeva proprio questo)”.

“È così. Un giorno dormirò e mio Padre verrà a prendermi. Mi risveglierò in casa Sua, nella mia vera vita!”

Rimasi sbalordito, non sapendo cosa dire. Ero scioccato dalla maturità con cui la sofferenza aveva accelerato la spiritualità di quella bambina.

“E la mia mamma avrà nostalgia”, aggiunse.

Emozionato, trattenendo a stento le lacrime, chiesi: “E cos’è la nostalgia per te, tesoro?”

“La nostalgia è l’amore che rimane!”

Oggi, a 53 anni, sfido chiunque a dare una definizione migliore, più diretta e più semplice della parola “nostalgia”: è l’amore che rimane!

Il mio angioletto se ne è andato già molti anni fa, ma mi ha lasciato una grande lezione che mi ha aiutato a migliorare la mia vita, a cercare di essere più umano e più affettuoso con i miei pazienti, a ripensare ai miei valori. Quando scende la notte, se il cielo è limpido e vedo una stella la chiamo il “mio angelo”, che brilla e risplende in cielo.

Immagino che nella sua nuova ed eterna casa sia una stella folgorante.

Grazie, angioletto, per la vita che ho avuto, per le lezioni che mi hai insegnato, per l’aiuto che mi hai dato. Che bello che esista la nostalgia! L’amore che è rimasto è eterno.

(Dr. Rogério Brandão, oncologo)

[Traduzione dal portoghese a cura di Roberta Sciamplicotti]


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