I FIORI DI BACH PER LE DIPENDENZE PATOLOGICHE
La radice del verbo dipendere contiene in sé il suo significato: pendere, essere appesi, legati a qualcosa. La dipendenza in tutte le sue manifestazioni è un bisogno incoercibile di una sostanza o di un farmaco, di mettere in atto un comportamento o di svolgere un’attività. Quando essa si riferisce alle relazioni, consiste nell’incapacità di fare a meno di una persona (dipendenza affettiva). Riguardo a questi oggetti della dipendenza si determina una condizione di assuefazione caratterizzata da un complesso di comportamenti e cambiamenti fisiologici. Una loro sottrazione provoca uno stato di malessere psichico e fisico definito astinenza.
La prima fondamentale classificazione di dipendenze patologiche consiste nella distinzione tra quelle relative all’uso di sostanze chimiche (alcol, droga, fumo, farmaci), e quelle in cui non è implicato l’uso di sostanze. In questo caso gli oggetti della dipendenza sono comportamenti o attività leciti e socialmente accettati: le cosiddette New Addictions (nuove dipendenze) comprendono la dipendenza dal gioco d’azzardo, dall’utilizzo di Internet, dallo shopping (shopping compulsivo), dal lavoro, dal sesso, dal cibo, dalle persone (genitori, partner amorosi o sessuali, capi carismatici).
Tanti psicologi e studiosi, nel corso degli anni, hanno scritto sulle dipendenze; ciascuno di loro ha cercato di sciogliere la complessità profonda alla base di questo disagio con l’obiettivo di trovare un comune denominatore e interventi terapeutici risolutivi. Il dato più importante che è emerso comunemente è che esiste una sostanziale differenza tra le dipendenze, ma non tra i dipendenti.
All’origine dello squilibrio del soggetto dipendente c’è un cattivo rapporto con le figure di riferimento e di sostegno. Ogni individuo vive delle dipendenze sane, ovvero quelle finalizzate al benessere fisico e all’equilibrio psicologico, che si manifestano con il bisogno di aria, di acqua, di cibo e di tutte quelle componenti che arricchiscono l’Io: le relazioni sociali e affettive, le necessità della propria vita interiore. La prima dipendenza sana che ogni persona sperimenta è quella con la madre. L’esito di questa precoce esperienza è fondamentale e influenzerà tutto il corso dell’esistenza dell’individuo. Dalla qualità di tale legame vissuto nell’infanzia dipende il futuro sviluppo della personalità, l’acquisizione del senso di fiducia, l’autosufficienza, la gestione dei distacchi e delle separazioni dell’adulto; inoltre da essa hanno origine gli stili di attaccamento che guidano il comportamento nelle relazioni affettive in tutte le successive fasi della vita.
Ogni oggetto della dipendenza (droghe, alcol, gioco d’azzardo, internet, relazioni d’amore) rappresenta il surrogato di esperienze mancate e dell’assenza di strutture psicologiche. La dipendenza diventa, così, funzionale poiché mira a ristabilire l’armonia e a restituire un senso del Sé coerente che possa colmare il profondo vuoto interiore che costituisce l’elemento psichico cardine di ogni dipendenza patologica.
In questa prospettiva tutte le dipendenze, indipendentemente dall’oggetto, condividono la stessa matrice eziologica: rendono il soggetto vittima di una situazione in cui l’altro, sia esso una sostanza o una persona, è più forte; esse annullano il potere dell’Io su se stesso portando ad una grande compromissione della qualità della vita del dipendente e di tutto il sistema delle sue relazioni. All’interno della dinamica il soggetto non si accorge della dipendenza e l’Io perde l’autonomo e libero governo dell’anima finendo in un vortice di forze con le quali si identifica.
La dipendenza è un comportamento ripetitivo, incontrollabile, un’ossessione che deriva da una fame improvvisa e fuori controllo che chiede di essere saziata. Ma è un vuoto che in realtà non si colma mai. L’oggetto può cambiare ma la dinamica sottostante è sempre la stessa, per il giocatore d’azzardo come per il bulimico, l’alcolista, il tossicomane, l’innamorata/o- dipendente. Chi soffre di questo disagio ha grossi problemi di autostima, di regolazione degli affetti, di mancato controllo degli impulsi e ha difficoltà a prendersi cura di se stesso.
A volte diverse tipologie di dipendenze si combinano tra loro o si accompagnano; inoltre accade spesso che, cessata una dipendenza, se ne sviluppi una nuova. In questo caso il soggetto non è mai realmente guarito ma ha semplicemente “spostato” la dinamica dipendente su un oggetto diverso, mantenendo attivo il meccanismo patologico.
Definizione delle dipendenze patologiche (o addictions)
La dipendenza da sostanze, come le droghe, l’alcol, il fumo o gli psicofarmaci, è più facilmente riconoscibile; al contrario, quella da comportamenti o attività (gioco d’azzardo, shopping, Internet, sesso, affettiva), è meno conosciuta e più difficile da individuare.
In generale tutte le dipendenze patologiche possono essere evidenti, come spesso avviene in quelle da sostanze riconosciute come un pericolo per la salute e l’equilibrio mentale della persona, oppure molto insidiose e difficili da individuare perché si riferiscono a comportamenti accettati o addirittura incoraggiati dal contesto sociale.
Per essere definita come patologica, una dipendenza deve avere specifiche caratteristiche:
- La compulsività, ovvero l’incapacità di sottrarsi all’impulso a mettere in atto un comportamento o ad assumere una determinata sostanza.
- Desiderio incoercibile (craving) che precede la messa in atto del comportamento o l’assunzione della sostanza.
- Il piacere o il sollievo che viene sperimentato durante l’assunzione o il comportamento.
- La sensazione di perdita del controllo.
- La persistenza di un comportamento o dell’assunzione di una determinata sostanza nonostante la consapevolezza delle conseguenze negative.
Tutte le tipologie di dipendenze patologiche presentano dei sintomi specifici, cognitivi, comportamentali e fisiologici:
Tolleranza, ovvero il bisogno di assumere dosi più elevate della sostanza o di aumentare la frequenza e l’intensità del comportamento compulsivo per raggiungere l’effetto desiderato.
Astinenza, fase in cui il soggetto, quando non assume la sostanza o non mette in atto il comportamento compulsivo, prova sintomi fisici e psichici molto spiacevoli, perfettamente opposti a quelli di piacere/sollievo sperimentati durante il comportamento dipendente.
Mancanza di controllo: il soggetto non riesce a ridurre o controllare il comportamento dipendente.
Ossessione: il soggetto si focalizza sulla dipendenza; i pensieri e le immagini ricorrenti relativi al comportamento dipendente causano ansia e disagio marcati.
Perdita di tempo: il soggetto spende una grande quantità di tempo per procurarsi la sostanza, per pianificare e mettere in atto la dipendenza e per riprendersi dagli effetti negativi ad essa connessi.
Per un occhio esterno è molto difficile riconoscere chi soffre di dipendenza patologica, poiché i sintomi sono sperimentati in prima persona dal soggetto. Tuttavia, è molto utile osservare tutti quei segni e fenomeni che possono essere ricondotti a questo importante disagio. I più comuni sono i repentini cambiamenti d’umore (ad esempio il passaggio dall’ebbrezza alla paura), l’insonnia e l’ipersonnia oppure il dormire poche ore per volta, sintomi psicosomatici come gastrite, colite, ipertensione, perdita di appetito, emicranie, cambiamenti di peso evidenti, tosse persistente, anomalie delle pupille. Altri segni importanti sono la tendenza a commettere azioni irresponsabili per procurarsi il denaro necessario a mettere in atto la compulsione.
Tuttavia, il danno più grave ed evidente procurato dalle dipendenze patologiche si verifica nell’ambito sociale, relazionale e affettivo del paziente. Il soggetto interrompe o riduce significativamente le sue attività sociali, lavorative o ricreative e tende all’isolamento. Si verifica un consistente calo del rendimento nel lavoro e nello studio; tutte le relazioni, da quelle familiari a quelle sentimentali, sono compromesse.
La dipendenza affettiva
La dipendenza affettiva si distingue dalle altre addictions poiché le caratteristiche peculiari di compulsività, ossessività e mancanza di controllo non sono correlate ad un oggetto né ad un comportamento, ma ad una persona. In questa tipologia di rapporto il legame d’amore e affettivo non viene inteso come uno scambio fra due individui psicologicamente liberi e autonomi, dove avviene una crescita dell’Io e dell’amore stesso, ma si trasforma in una dinamica autodistruttiva. La persona dipendente affettivamente idealizza l’oggetto d’amore al quale si aggrappa, è terrorizzata da sbagli o imperfezioni perché crede di dover essere perfetta per essere amata.
Le motivazioni profonde di questo meccanismo risiedono in una relazione negativa con le figure d’appoggio che hanno portato il soggetto ad avere un cattivo rapporto con se stesso, caratterizzato da uno scarso amore e stima di sé e da un continuo bisogno di appoggiarsi e di farsi sostenere da figure esterne di riferimento. La dipendenza con il genitore, nel suo processo sano, cessa gradualmente e si trasforma in autonomia quando il soggetto diventa affettivamente maturo. Ma ciò avviene in modo lineare solo se i bisogni affettivi, materiali, di sostegno o difesa del bambino sono stati soddisfatti. In caso contrario, il soggetto sviluppa l’erronea convinzione di non essere adeguato, di non meritare amore e di non essere in grado di camminare, di agire, di sperimentare, di esprimere opinioni e valutazioni da solo.
Sono molti i comportamenti acquisiti nell’infanzia che portano a sviluppare una dinamica dipendente, come avviene, ad esempio, nel caso di quei bambini eccessivamente responsabilizzati: in loro cresce il bisogno delle stesse cure e attenzioni che devono invece dare ad altri (fratelli più piccoli, malati ecc.) sentendosi abbandonati a se stessi. Oppure in tutte quelle situazioni in cui i genitori sono stati assenti o abbandonici proprio nelle fasi più delicate in cui erano vitali le cure materne.
La più grande paura del dipendente è la solitudine dell’abbandono, già sperimentata nel vissuto infantile, che cerca di scongiurare in tutti i modi, ad esempio prendendosi il carico delle responsabilità altrui, facendo il lavoro per l’altro, arrivando ad accettare anche soprusi e maltrattamenti ai quali seguono umilianti rituali di totale sottomissione, preghiere, inseguimenti, che nascondono un profondo odio di sé. Nel rapporto affettivo, in particolare in quello sentimentale, il soggetto diventa dipendente dal comportamento dell’altro e nello stesso tempo cerca di controllarlo. Per sostenere la propria autostima ha bisogno di continue conferme e attenzioni e il suo amore ossessivo è un’estenuante ricerca di un legame fusionale con il soggetto dal quale dipende. La relazione, tuttavia, non evolve in un legame autentico ma si trasforma una gabbia di insoddisfazione e infelicità. L’altro non è mai visto per com’è veramente ma è idealizzato diventando un contenitore di proiezioni ingannevoli che derivano da bisogni personali profondi e radicati.
Chi dipende affettivamente sviluppa sentimenti ed emozioni contrastanti nei quali la paura è la sensazione dominante: paura di perdere l’altro, di cambiare, di separarsi, di rimanere da soli, di essere se stessi. Spesso è presente anche una forte rabbia che sfocia in gelosia e possessività. Altri tipici sintomi emotivi sono il senso di colpa, d’inferiorità nei confronti del partner, ossessività rispetto alla relazione, tendenza a chiudersi e a restringere la vita sociale.
Un aspetto fondamentale è la percezione che i soggetti con dipendenza affettiva hanno del loro disagio: essi si rifiutano di essere paragonati ad un’alcolista o ad un tossicodipendente. Eppure il sistema chiuso delle dipendenze da sostanze presenta gli stessi tratti della dipendenza affettiva come l’egocentrismo, la negazione, la scissione dei sentimenti, la coazione al controllo. Il denominatore comune è sempre lo stesso: la sostituzione dell’Io con l’altro (comportamento, sostanza, persona).
I fiori di Bach nella cura delle dipendenze
L’indagine profonda sulle cause di tutte le tipologie di dipendenza non serve solo a chiarire la genesi e la struttura del disagio, ma anche e soprattutto a trovare delle strategie per aiutare il soggetto ad uscire dalla sofferenza. Il meccanismo di dipendenza ha almeno tre facce: una fisiologica, una psicologica e una sociale. Il percorso per liberarsi dalle dipendenze deve tenere conto di tutti gli aspetti, per questo è lungo e complesso e solitamente viene attuato affiancando un approccio farmacologico classico a quello psicoterapeutico.
L’utilizzo dei fiori di Bach come terapia complementare nelle dipendenze presenta una possibilità di sperimentare una strategia parallela di sostegno al paziente che, dopo essersi reso consapevole della sua dipendenza, cerca di uscire dal disagio.
Nella categorizzazione delle diverse forme di dipendenza patologica emerge che alla base della dinamica ci sono sempre gli stessi meccanismi psichici e comportamentali. Questa matrice eziologica comune si presta molto all’integrazione delle cure con metodi alternativi che puntano alla risoluzione del conflitto che determina la malattia, focalizzando l’attenzione sul ruolo degli stati d’animo che derivano dai vissuti esperienziali e sui comportamenti che hanno condotto il soggetto a sviluppare quella determinata patologia.
Nell’approccio floriterapico proposto per la cura complementare delle dipendenze, non si interviene sull’eliminazione del sintomo né sugli effetti specifici indotti dalle dipendenze patologiche.
La dipendenza nasce in risposta a conflitti profondi e molto lontani nel tempo e l’abitudine a dipendere da un elemento esterno è nata per lenire quello spaventoso senso di abbandono. Anche se surrogati come le droghe o l’alcol sembrano sollevare temporaneamente dalla sofferenza, non risolvono la causa che risiede in un conflitto latente. Allo stesso modo le persone, anche quando non sperimentano più il sollievo, hanno ormai interiorizzato dei meccanismi comportamentali che entrano a far parte del loro tessuto psicologico e fisico.
I rimedi di Bach svolgono una duplice azione: lavorano sulle “cause emozionali” nelle quali hanno origine le patologie e, allo stesso tempo, sono un valido supporto nelle fasi più critiche della cura delle dipendenze alle quali il paziente andrà incontro nel suo difficile percorso.
Liberarsi di una dipendenza prevede il passaggio obbligato attraverso diversi sintomi e stati d’animo che si riflettono anche a livello somatico, soprattutto nelle terapie di disassuefazione da sostanze (droga, fumo, alcol, farmaci). I fenomeni emotivi più comuni sui quali i fiori hanno un’azione concreta sono i cambiamenti d’abitudine (ad esempio dello stile di vita); i timori e le paure nel lasciare andare la dipendenza e nelle reazioni psicofisiche alle quali il soggetto andrà incontro; gli sbalzi d’umore repentini e l’instabilità emozionale; l’irrequietezza interiore incontrollabile che contrasta l’effetto paralizzante che tutte le tipologie di droghe hanno normalmente sul soggetto; la malinconia e lo stato depressivo che spesso si presentano durante la riabilitazione; sensi di colpa bloccanti dopo la presa di coscienza delle azioni e dei comportamenti attuati durante la dipendenza. Inoltre i fiori rappresenteranno un valido aiuto nell’autodisciplina e nel mantenimento di forti motivazioni necessarie a non ricadere nel meccanismo patologico.
L’obiettivo finale è uscire dalla dipendenza, colmare il vuoto senza bisogno di un surrogato esterno, recuperare il controllo, la fiducia, l’auto-consapevolezza e il rispetto di sé.
Le essenze floreali agiscono come “facilitatori del benessere” favorendo una graduale rieducazione alla vita e al ritorno di tutti quegli stati d’animo positivi preesistenti allo squilibrio: fiducia, speranza, serenità, certezza, sicurezza, amore. I fiori di Bach sono una terapia energetica vibrazionale che mira a riequilibrare il campo energetico negativo con il quale entra in contatto, sovrapponendo ad esso il principio vibrazionale equilibrato emesso dall’essenza. Tra i tanti vantaggi dei fiori c’è anche quello di non provocare effetti indesiderati, di non interagire con altre sostanze e di non creare assuefazione.
Il dialogo approfondito con il floriterapeuta è fondamentale per la prescrizione delle essenze più indicate in base alla fase in cui il soggetto si trova, inquadrandolo dal punto di vista sintomatologico, anche alla luce dell’integrazione con le altre terapie. La somministrazione può avvenire sia con miscele personalizzate che comprendono più fiori, sia con la somministrazione dei fiori singoli (anche associati alla miscela) in base alla sintomatologia esposta dal paziente. La posologia sarà sempre di quattro gocce da assumere da quattro a più volte al giorno, anche al bisogno.
Le essenze di Bach si sono rivelate utili per agire su tutte le forme di dipendenza poiché intervengono sullo squilibrio di base presente in tutte le tipologie di addictions.
Ci sono delle personalità maggiormente predisposte alle dipendenze da sostanze. Nella pratica terapeutica con i fiori di Bach AGRIMONY è considerato il rimedio d’elezione perché rappresenta il soggetto che nasconde un grande tormento interiore che viene nascosto e spinto sempre più in profondità, mascherato da un’apparente allegria ed euforia. Chi si trova nello stato negativo di Agrimony sceglie di alleviare la sua sofferenza utilizzando la via illusoria di sostanze come alcol e droga con le quali tenta di soffocare il dolore e la sofferenza che non riesce ad emergere. Spesso i soggetti Agrimony hanno grandi difficoltà a riconoscersi come tali e, quindi, ad esteriorizzare dolore e sentimenti. L’azione del rimedio è talmente forte e incisiva che i terapeuti la somministrano in ogni caso nelle terapie di disassuefazione, anche per i soggetti che non mostrano caratteristiche evidenti tipiche del fiore.
Nella fase di disassuefazione (in particolare da fumo, alcol, droga) il paziente affronta due momenti significativi: l’inizio e il mantenimento. La delicata fase iniziale è caratterizzata da stati d’animo molto violenti e da molteplici sintomi fisici legati all’astinenza: in questo caso il rimedio più utilizzato è il RESCUE REMEDY, miscela d’emergenza costituita da cinque fiori (Star of Bethlehem, Rock Rose, Clematis, Impatiens, Cherry Plum) che interviene in maniera tempestiva sulla sintomatologia acuta. La posologia indicata è di 4 gocce sotto la lingua somministrate anche ogni 5 minuti finché la fase d’emergenza non rientra. Il Rescue Remedy si può associare alla terapia con la miscela o ad altri fiori singoli.
In tutte le fasi di mantenimento il paziente sente più volte cedere le forze e teme di non farcela: il rimedio indicato in questi casi è LARCH, il fiore di chi si sente inferiore, ha paura di non riuscire ad affrontare una situazione difficile, ha una bassa autostima, è passivo e si sente impotente.
Molti percorsi di disassuefazione sono spesso lunghi e complessi: GENTIAN aiuta il soggetto a non scoraggiarsi e ad evitare eventuali ricadute. Questo fiore è adatto quando il soggetto è depresso, scoraggiato e pessimista e manca di fiducia nella ripresa e nella risoluzione della malattia.
L’atteggiamento autolesionistico è una grande chiave di tutte le dipendenze patologiche. Il fiore d’elezione per questo meccanismo emotivo è PINE; i soggetti che corrispondono a questo rimedio hanno un inconscio desiderio di essere puniti, si colpevolizzano continuamente e mettono in atto comportamenti autodistruttivi e masochistici. Lo stato d’animo Pine è molto frequente nelle dipendenze affettive e in quelle da alcol e gioco d’azzardo (in cui è racchiuso il desiderio nascosto di perdere).
Mantenere la scelta di smettere e abituare corpo e mente alla nuova condizione richiede la somministrazione di WALNUT, il fiore del cambiamento: questo rimedio protegge, nelle fasi di transizione, da tutti quegli elementi esterni che potrebbero deviare o bloccare il processo di cambiamento. Nella floriterapia di Bach è considerata l’“essenza scudo” ed è quindi fondamentale utilizzarla nella terapia di sostegno di tutte le dipendenze.
Spesso gli oggetti della dipendenza rappresentano dei rituali dai quali il soggetto difficilmente riesce a separarsi: HONEYSUCKLE scioglie il ricordo passato e blocca il senso di nostalgia e di mancanza. Tra i fiori di Bach questa essenza è considerata una “forbice” che taglia i legami che non sono più funzionali per il soggetto.
WHITE CHESTUNUT, il fiore del tormento mentale, del rimuginio continuo dei pensieri, è utile per trattare l’aspetto ossessivo delle dipendenze, ovvero i pensieri ripetitivi focalizzati sulla sostanza o sulla messa in atto del comportamento dipendente.
Tra le caratteristiche della patologia da dipendenza c’è la compulsività e la paura della perdita del controllo: in questo caso si prescriverà CHERRY PLUM, uno dei cinque componenti del Rescue Remedy, utilizzato quando il soggetto teme di perdere il controllo totale della mente e dei suoi impulsi, ha paura d’impazzire.
CHESTNUT BUD interviene quando si vogliono evitare le ricadute; il fiore si prescrive in tutte le situazioni in cui il soggetto non riesce ad apprendere e tende a ripetere continuamente le esperienze passate, rimanendo in uno stato cristallizzato.
Nelle dipendenze legate al cibo assumono un’importanza fondamentale non tanto le fasi della cura, quanto gli stati d’animo che sono alla base del rapporto errato con l’oggetto della dipendenza. In base ad essi il terapeuta prescriverà il fiore più adatto. Ad esempio, paure molto forti che portano al panico vengono trattate con ROCK ROSE, altra essenza contenuta nel RESCUE REMEDY, utilizzata in tutti quei casi in cui il soggetto è in preda ad un terrore paralizzante. STAR OF BETHLEHEM, anch’esso contenuto nel Rescue Remedy, è l’essenza fondamentale di tutta la floriterapia di Bach, quella dei traumi e delle ferite, affettive e fisiche; somministrato da solo o insieme a SWEET CHESTNUT, rimedio dell’angoscia estrema e del dolore profondo dell’anima, verrà prescritto per coloro che hanno sviluppato una problematica di tipo alimentare per compensare un trauma, un abbandono o una grande ferita psichica.
Le dipendenze affettive hanno una natura complessa e molti dei fiori che intervengono sono gli stessi indicati per le altre dipendenze con le quali condividono cause e tratti tipici del disturbo. Due fiori in particolare rappresentano le personalità maggiormente predisposte a questo tipo di dipendenza: CENTAURY è il rimedio dei soggetti sensibili che temono di non essere accettati, di essere abbandonati, rimproverati, respinti e per questo motivo rinunciano a se stessi per assecondare gli altri. Questo fiore, quando entra in relazione, si sottomette in modo passivo, anche a scapito della propria dignità. È ossessionato dall’idea di non valere e questo comporta una difficoltà ad imporsi, a dire di no; rifugge le posizioni di potere e si lega spesso ad individui dominanti e autoritari che lo sottomettono rendendolo schiavo di un perverso meccanismo di dipendenza. È uno dei fiori più sensibili di tutta la floriterapia di Bach, per questo si lascia facilmente invadere. Il rimedio somministrato rinforza il campo energetico e aiuta a vivere la propria individualità.
HEATHER manifesta i comportamenti tipici del dipendente affettivo e può rappresentare anche uno stato transitorio (ad esempio in seguito un grave abbandono); è il bambino bisognoso che parla continuamente, non sopporta la solitudine e richiede incessantemente ascolto e attenzioni. Il desiderio estremo di parlare nasconde quello inconscio di contatto, compagnia, amore e approvazione. Una caratteristica del rimedio che si riscontra in tutte le dipendenze è quella di tentare di colmare il vuoto interiore: Heather cerca di soffocare il silenzio e la solitudine, che lo rendono vittima di una fortissima angoscia, con il cibo o l’uso di sostanze (alcol, droga, fumo) senza però riuscire mai a provare sollievo. Questi soggetti nello stato disarmonico hanno bisogno degli altri ma in realtà sono concentrati solo su se stessi, sulle proprie esigenze; sono dei pessimi ascoltatori e l’altro “scompare” nella relazione. L’origine dello stato negativo di Heather deriva dal senso di deprivazione che sente a livello interiore e la conseguente incapacità di nutrirsi di ciò che ottiene dal mondo esterno. Ciò che il soggetto ricerca con tanto affanno è la conferma di esistere.
Bibliografia
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− D’Amico R., Le relazioni di coppia. Potere, dipendenza, autonomia, Editori Laterza, Bari, 2006.
− Rescaldina G., Fiori di Bach e psicoterapia, Xenia Edizioni, Milano, 1997
− Lucani F., Vivere con i fiori di Bach: una rivoluzione terapeutica, Armando Editore, Roma, 2006
− Vercellesi P., Gasparri G., I fiori di Bach per tutti, Ibis, Como, 2013
− Silvi M., La salute con i fiori, Edizioni Mediterranee, Roma, 2011
− Nocentini F., Peruzzi M.L., Il libro completo dei fiori di Bach, Giunti Editore, Milano, 2007
“Chi appartiene a se stesso
non sia di nessun altro”
(Paracelso)
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