Cosmo bioenergetico

Posts written by *Deathena*

view post Posted: 19/10/2017, 04:51 Se due Anime sono destinate a incontrarsi..... - The children of ligth: i "Figli della Luce"
gif meraviglioso!!!
cosa dire davanti a questi miracoli ..nulla ..ogni giorno accadono miracoli,ma e solo un atto d'amore divulgarli.
In questo mondo dove la maggior visione ce l'ha il male il miracolo e che : qualcuno divulghi ciò che oramai nessuno vede piu ,siamo dei ciechi che camminano nel buoi totale dell'anima . grazie tesoro ...grazie :wub:
view post Posted: 18/10/2017, 07:27 Il cambiamento....viene dalla Donna - Il sentiero della Grande Madre
FKBUC
E da tutta la vita che affermo questo concetto.
Se ogni donna avesse coscienza del suo potere ;questa terra sarebbe il paradiso terrestre!!! hGDXU
view post Posted: 17/10/2017, 07:19 Psiche:Ascoltare? Per capire le emozioni è meglio che vedere! - Psiche e benessere
Ascoltare? Per capire le emozioni è meglio che vedere!


Il modo migliore per interpretare le emozioni delle persone con cui interagiamo è affidarsi a quello che sentiamo con l’udito più che a quello che vediamo nelle espressioni facciali. Lo dimostra uno studio su 1800 volontari che ridimensiona l’importanza dei segnali delle espressioni del viso

La mimica facciale è fondamentale per esprimere le emozioni. Se ne accorse anche Charles Darwin che affrontò il problema nella fondamentale opera L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali, pubblicato nel 1872. La tesi del libro era che l’espressione corporea delle emozioni sia in qualche modo universale, indipendente cioè dalla cultura di appartenenza.

Ascoltare è meglio che vedere per capire le emozioni
Credit: Javier Larrea/AGF
Sembra tuttavia che interpretare le espressioni facciali non sia il modo più efficace per cogliere le emozioni del proprio interlocutore, secondo quanto emerge da uno studio pubblicato su “American Psychologist” organo dell’American Psychological Association, da Michael Kraus, e colleghi della Yale University. Per gli autori, è meglio fare affidamento su ciò che sentiamo con l’udito più che su ciò che vediamo.

“Le scienze biologiche e sociali negli anni hanno dimostrato il profondo desiderio degli individui di connettersi gli uni con gli altri e la gamma di competenze che le persone hanno per distinguere emozioni o intenzioni, ma anche in presenza di volontà e competenza, le persone spesso percepiscono in modo inaccurato le emozioni degli altri”, ha spiegato Kraus. “La nostra ricerca suggerisce che basarsi su una combinazione di segnali vocali e facciali, o solo su segnali facciali, può non essere la migliore strategia per riconoscere accuratamente le emozioni o le intenzioni degli altri”.

Nell’articolo, Kraus e colleghi descrivono cinque esperimenti in cui sono stati coinvolti 1800 cittadini statunitensi. In ciascun esperimento, ai soggetti era richiesto d’interagire con un’altra persona, o di prestare attenzione all’interazione tra altre due persone. Il compito era complicato dal fatto che in alcuni casi i volontari

potevano sentire ma non vedere, in altri casi vedevano ma non sentivano. In altri casi ancora si trattava di ascoltare la trascrizione di una conversazione tra due persone letta da una voce computerizzata, in modo da annullare completamente la tonalità emotiva della conversazione.

Dall’analisi dei dati, è emerso che i soggetti che potevano solo sentire erano in grado, in media, d’identificare le emozioni degli altri in modo più accurato, con l’importante eccezione del caso della conversazione letta dalla voce sintetizzata, per la quale i punteggi hanno sempre raggiunto il livello minimo della scala.

Le possibili spiegazioni del fenomeno ipotizzate dai ricercatori sono due. La prima è che tutti noi siamo ormai abituati a dissimulare spesso le nostre emozioni controllando le espressioni facciali. La seconda è che non sempre disporre di più informazioni si traduce in un’accuratezza più elevata, anzi. Numerose ricerche nel campo della psicologia cognitiva hanno dimostrato che essere impegnati in due compiti simultaneamente diminuisce le prestazioni in entrambi.



wwwpsicheesoma.net
view post Posted: 17/10/2017, 07:14 VESUVIO: ECCO COME SIAMO STATI CAPACI DI COSTRUIRE UNA CITTA’ - Archeologia - mistero - viaggiatori del sacro

VESUVIO: ECCO COME SIAMO STATI CAPACI DI COSTRUIRE UNA CITTA’ SOPRA LE COLATE LAVICHE DI MENO DI 400 ANNI FA 5



VESUVIO: ECCO COME SIAMO STATI CAPACI DI COSTRUIRE UNA CITTA’ SOPRA LE COLATE LAVICHE DI MENO DI 400 ANNI FA

La continua urbanizzazione intorno al Vulcano più pericoloso del mondo, è andata ad espandersi anche sopra i territori che dal 1631 ad oggi sono stati interessati da discese di lava


Correva l’anno 1831 quando uno stimato geologo inglese di 27 anni, John Richardson Auldjo, si trovò a Napoli durante una delle eruzioni rimaste impresse nelle cronache e nella storia della città Partenopea. John R. Auldjo era anche viaggiatore, scrittore ed artista. Membro della Royal Society per il Progresso delle Scienze Naturali.



Numerosi sono infatti i resoconti di viaggio scritti all’epoca da stranieri di tappa in città per il loro Grand Tour dell’Italia, così come i dipinti e gli acquerelli che ritraggono il celebre vulcano mentre lancia fumo, fiamme e fiumi di lava dal cono che secoli prima era stato fatale alle città di Pompei ed Ercolano. Primo inglese (e 19a persona) ad arrampicarsi sul Monte Bianco, John R. Auldjo fu uno stimato geologo, oltre che viaggiatore, scrittore ed artista. Membro della Royal Society per il Progresso delle Scienze Naturali, nel 1831 volle visitare il Vesuvio durante un periodo di vigorosa attività eruttiva.


Ma una delle illustrazioni più importanti che il geologo inglese lasciò ai posteri, oltre a diversi disegni fatti sul posto della lava che fuoriusciva dal cratere, o del Vulcano che fumigava o espelleva lava, è quella che raffigura il percorso delle colate laviche nei 200 anni che vanno dal 1631 al 1831, periodo di intensa attività del Vesuvio, che davvero eruttò su diversi fronti del versante occidentale del suo caratere, da Nord-Ovest a Sud -Ovest


Se andiamo a confrontare questo eccezionale documento storico con una semplice immagine satellitare della NASA al visibile dell’area alle pendici del Vulcano, ci rendiamo conto di quanta popolazione ormai viva sui percorsi che avevano preso le colate laviche in quel periodo e come zone tipo Ercolano, San Giorgio a Cremano o anche Torre del greco, siano state costruite, e si siano poi espanse a livello urbanistico, sopra colate laviche del 1631 e successive


Ma se poi andiamo a vedere quanto accaduto dopo l’ultima eruzione, quella del 1944-45, allora ci rendiamo conto davvero di quanto sia stato tentacolare e incredibile lo sviluppo urbanistico in quelle zone con l’estensione delle costruzioni a uso abitativo anche sulle zone dell’edificio vulcanico, andando a raggiungere quote, sulle pendici del Vesuvio, assolutamente assurde e pericolose, rispetto alla potenzialità eruttiva di questo Strato Vulcano.

Ecco una descrizione fatta ne marzo del 1944 dall’’agente dell’Intelligence Service britannico Norman Lewis, che fu un testimone dell’eruzione e nel suo libro “Naples ’44” (1978), raccontò dell’avanzata del fronte lavico nella città di San Sebastiano:

“..La lava si muoveva alla velocità di pochi metri all’ora, e aveva coperto metà della città con uno spessore di circa 10 metri. La cupola di una chiesa, emergendo intatta dall’edificio sommerso, veniva verso di noi sobbalzando sul suo letto di cenere. L’intero processo era stranamente tranquillo. La nera collina di scorie si scosse, tremò e vibrò un poco e blocchi cinerei rotolarono lungo i suoi pendii. Una casa, prima accuratamente circondata e poi sommersa, scomparve intatta dalla nostra vista. Un rumore da macina, debole e distante, indicò che la lava aveva cominciato a stritolarla. Vidi un grande edificio con diversi appartamenti, che ospitava quello che chiaramente era stato il miglior caffè della città, affrontare la spinta della lava in movimento. Riuscì a resistere per quindici o venti minuti, poi il tremito, gli spasmi della lava sembrarono passare alle sue strutture e anch’esso cominciò a tremare, finché le sue mura si gonfiarono e anch’esso crollò“.


Il Vesuvio infatti appartiene a questa categoria ed è stato caratterizzato, nella sua storia geologica, dall’alternanza di eruzioni effusive e esplosive, talvolta senza determinanti variazioni nella composizione del magma, fatto probabilmente favorito dalla chiusura del condotto principale per l’accumulo di magma viscoso. La pressione del magma e del gas sotto un condotto ostruito può crescere fino a provocare un’eruzione esplosiva. Le fasi esplosive tendono a distruggere la parte sommitale del vulcano e ad allargare il condotto, ripristinando le condizioni favorevoli per una successiva attività di tipo effusivo.


Perchè questa descrizione delle caratteristiche della tipologia di vulcano a cui appartiene il Vesuvio?



Perchè vorremmo farvi immaginare cosa potrebbe accadere oggi, nel 2017, se il Vesuvio, con poco preavviso come spesso avviene per gli strato vulcani, desse vita ad una eruzione esplosiva, del genere Pliniano, come avvenne nel 79 d.C. Le eruzioni di tipo Pliniano, hanno caratteristiche che, solo a descriverle e poi applicarle ad un modello di distribuzione della popolazione e dell’urbanizzazione come quello dell’area Vesuviana, fanno davvero pensare ad uno dei peggiori incubi che si possano avere.

Queste eruzioni prendono il nome da Plinio il giovane che per primo descrisse questo tipo di eruzione osservando l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.. Le eruzioni sono estremamente violente per via dell’alta viscosità dei magmi presenti nella camera magmatica dell’edificio vulcanico. Si formano frequentemente nubi ardenti, formate da gas e lava polverizzata e, durante l’esplosione, una grande colonna di ceneri, lapilli e gas detta colonna eruttiva si eleva per decine di chilometri nell’atmosfera. Terminata la spinta dei gas le ceneri e i lapilli ricadono formando colate piroclastiche devastanti per le regioni adiacenti all’eruzione.


Lasciandovi con l’ultima immagine della Nasa che ci mostra quanto sia incredibile l’urbanizzazione nel raggio di meno di 15 km dal cratere, ci preme ricordare che sono proprio queste le caratteristiche che lo rendono il Vulcano più pericoloso del mondo e che, pur essendoci dei ritardi e delle mancanze nell’elaborazione dei piani di evacuazione della protezione civile, nessuno punta il dito sul fatto che, in caso di eruzione di natura Pliniana, non penso ci sarebbe il tempo per pensare ad un coordinamento dei soccorsi ordinato e responsabile, purtroppo, in quanto Napoli e il suo Hinterland, oltre alla concentrazione demografica a dir poco assurda per essere alle pendici del Vesuvio, non ha arterie di comunicazioni tali da poter garantire una evacuazione veloce ed efficace per tutti gli abitanti, e che abbia la possibilità di gestione del fattore “panico” che potrebbe far saltare qualsiasi cosa programmato su carta.



Quindi l’auspicio più grande che ci sentiamo di fare è che, si prenda coscienza del pericolo Vesuvio in maniera seria e che si metta mano alla viabilità in primis, all’urbanizzazione selvaggia per seconda cosa, alla cultura della protezione civile per terza cosa, ben consapevoli che è impossibile ormai delocalizzare una città come Napoli e che, forse, il problema più grande in caso di eruzione, non sarebbe tanto l’evacuare la popolazione, ma ricollocarla in altro territorio visto che, se qualcosa di davvero importante a livello vulcanico dovesse accadere, per anni le persone non potrebbero tornare alle proprie case. E speriamo questo accada il più tardi possibile, meglio MAI



www.vulcanologia.org

Edited by **Ishtar** - 20/2/2018, 10:17
view post Posted: 17/10/2017, 07:02 Misteri italiani: svelato il mistero di San Francesco 800 anni dopo la sua morte - Archeologia - mistero - viaggiatori del sacro

Svelato il mistero di San Francesco 800 anni dopo la sua morte



Attraverso l’analisi al radiocarbonio C-14 un team di ricerca internazionale ha dimostrato che il ‘sacco di San Francesco’ ha realmente 800 anni, inoltre tracce di ergosterolo suggeriscono il contatto col pane, esattamente come narra la leggenda.

di Andrea Centini
scienze.fanpage.it

Il ‘sacco di San Francesco’ ha contenuto il pane del Santo, svelato il mistero a 800 anni dalla sua morte: ma cos’è il sacco? E come i ricercatori sono giunti a questa scoperta? Procediamo con ordine. In base alla leggenda, il sacco colmo di pane sarebbe apparso nell’inverno del 1224 innanzi alla soglia del Convento Francescano a Folloni (frazione di Montella, in provincia di Avellino), per sfamare i frati che vi erano rimasti intrappolati a causa della neve e dei branchi di lupi nei boschi circostanti. A inviare il sacco sarebbe stato lo stesso San Francesco d’Assisi, che all’epoca si trovava in Francia, alla corte di Luigi VIII; dopo aver chiesto e ottenuto del cibo al monarca, lo avrebbe consegnato ad alcuni angeli per portarlo ai frati in pericolo.
Il sacco leggendario, del quale oggi restano soltanto pochi frammenti custoditi come reliquia proprio presso il convento protagonista del mito, venne utilizzato per circa 300 anni come tovaglia per un altare, ma successivamente, vista la sua importanza, fu fatto a pezzi e donato a vari istituti religiosi sparsi sul territorio italiano. Ciò che ne resta oggi è stato analizzato scientificamente (per la prima volta in assoluto) da un team di ricerca internazionale coordinato da studiosi dell’Università della Danimarca del Sud, che attraverso l’esame al radiocarbonio C-14 ha determinato una datazione risalente proprio a quella del mito, ovvero tra il 1220 e il 1295.

Non solo. Gli studiosi coordinati dal professor Kaare Lund Rasmussen, un chimico specializzato in analisi archeologiche che ha già ‘confermato’ o smentito altri miti, perlomeno sotto il profilo delle date, hanno trovato anche tracce di ergosterolo, un potenziale biomarcatore legato alle muffe che suggerisce la presenza – o la cottura – di determinate sostanze, nel caso specifico proprio quella del pane. Secondo Rasmussen e colleghi il pane sarebbe stato a contatto col tessuto del sacco centinaia di anni prima rispetto al 1732, l’anno in cui i frammenti ‘superstiti’ vennero chiusi per essere protetti.

Naturalmente gli scienziati non si sono occupati del come il sacco sia finito innanzi al convento, ma hanno potuto constatare che date ed altri elementi corrispondano con quelli della leggenda. I dettagli dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata “Radiocarbon”.



www.misteriosaitalia.net

Edited by **Ishtar** - 20/2/2018, 10:20
view post Posted: 17/10/2017, 06:38 Start Cup Puglia 2017, dal business plan all’impresa - Attualità e verità nascoste
Start Cup Puglia 2017, dal business plan all’impresa
Valorizzare idee ad alto contenuto di conoscenza è lo scopo della gara che offre anche formazione e mentoring. E che spalanca le porte per il Premio Nazionale per l’Innovazione
In collaborazione con Puglia Sviluppo
Puglia Sviluppo
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Per Start Cup Puglia, la competizione regionale che sostiene e premia idee imprenditoriali ad alto contenuto di conoscenza, è tempo di decretare i suoi vincitori. La gara per l’innovazione organizzata dall’Agenzia Regionale per la Tecnologia e l’Innovazione (ARTI), in collaborazione con Regione Puglia e Premio Nazionale per l’Innovazione (PNI) e FS Italiane, nel 2017 ha tagliato il traguardo della decima edizione. Con la finale, in programma il 18 ottobre, il sipario si alzerà sul futuro di diversi piani di impresa innovativa che concorrono nelle categorie in cui è articolato il contest: scienze della vita, ict, cleantech & energy, industry. Non mancherà, oltre al vincitore di categoria, anche un overall winner destinato a svettare nell’albo d’oro anche per gli anni a venire.

Un nuovo capitolo si aggiungerà alla storia di questa competizione che ha capitalizzato l’interesse di persone fisiche, team informali e imprese innovative e che ha visto presentare, dal 2008 al 2017, ben 442 piani di impresa. In nove edizioni sono stati individuati 32 vincitori ma certamente non esistono sconfitti: tra i motivi di appeal della selezione c’è infatti l’attività di formazione a disposizione dei concorrenti che, per partecipare, devono presentare un business plan online.

ARTI guida i futuri concorrenti che devono redigere il piano grazie a un programma di mentoring, con sessioni articolate in laboratori pratici e pitch sui temi della pianificazione di impresa, anche in termini economici e finanziari, e della tutela della proprietà intellettuale. Elaborare un business plan è il passo successivo, ma potersi aggiornare e formare è comunque un motivo di interesse per chi partecipa e un vantaggio che resta nel proprio background. Nel 2017, le quattro giornate che sono state dedicate alle sessioni di accompagnamento, lo scorso giugno a Foggia, Bari, Talsano e Lecce, hanno visto accorrere quaranta persone, con un livello di scolarizzazione elevato, già attive nel mondo del lavoro, con un’età media superiore ai trentaquattro anni e con idee soprattutto sul versante Ict, segmento che vede la presenza di grandi realtà sul territorio regionale.

Alla fase del Boot Camp, in programma il 10 e 11 ottobre, sono approdati invece gli otto finalisti, a cui è stata data la possibilità di capire ancora meglio come presentare i progetti e imporsi al pitch che aiuterà a decretare i vincitori: nel 2017 nella shortlist figurano Bbbplane, Chit-Up, Ecoimpro, Fluctomation, I/O Net, Mosquito team, OlivHealth e Proxity. A giudicarli, in finale, una giuria composta dal presidente, l’ amministratore unico di Farmalabor Sergio Fontana, dall’imprenditore Domenico Petruzzella, dall’accademico Arturo de Risi, dalla ricercatrice ed esperta di business planning Valeria Stefanelli e dallo startupper Salvatore Modeo.

Oltre al successo e a un premio in denaro del valore di 5mila euro, molti altri premi aggiuntivi sono stati previsti dal Comitato promotore, tra cui figurano l’Università del Salento, Enea, TIM Open, Confartigianto Puglia, Impact Hub, Cubo Lab: in palio ci sono ad esempio servizi per l’internazionalizzazione e l’incubazione, accessi a spazi di coworking o fornitura di cloud.

La Start Cup Puglia spesso è il traino per altri successi, come dimostra il caso di diversi finalisti e vincitori che negli anni hanno ben figurato anche al Premio Nazionale dell’Innovazione (PNI), l’annuale ribalta sulla quale si confrontano le vincitrici delle singole start cup regionali, in programma quest’anno a Napoli il 30 novembre e il 1 dicembre 2017.

Nel 2015 ad aggiudicarsi il Premio Nazionale dell’Innovazione fu proprio la pugliese New Gluten World che si era imposta nella categoria agrofood-cleantech nell’ambito della gara regionale. Un esempio di buon auspicio per i concorrenti di quest’anno, ma anche un modello di innovazione interessante in assoluto: il progetto New Gluten World, nato come spin-off dell’Università di Foggia, mira a garantire a chi soffre di celiachia prodotti identici a quelli assunti da chi non soffre di intolleranza al glutine, ma senza il fattore tossico. L’obiettivo è rendere inoffensivo il glutine, detossificandolo, anziché eliminarlo, modificandone le proteine grazie a un trattamento prima della molitura. Nel 2015 questa proposta è risultata la migliore su scala nazionale tra tutte quelle all’epoca in gara nella finale di Rende, in Calabria. Una storia di successo che continua anche lontano dai confini italiani, grazie al carattere “groundbreaking” della sua tecnologia e che ha ricevuto anche, a livello europeo, un grant nell’ambito dello SME Instrument del programma comunitario Horizon 2020.

Un ulteriore riconoscimento tra i molti ottenuti dal team guidato dall’accademica Carmela Lamacchia, per uno spin off che, nato da un gruppo di ricerca del Dipartimento di scienze agrarie, ha poi visto l’ingresso nella sua compagine societaria dell’azienda coratina Molino Casillo, importante realtà nazionale dell’industria molitoria.

Non è la sola storia di successo in bilico tra Start Cup Puglia e PNI: la vincitrice generale della competizione regionale 2015, Piezoskin, un progetto per produrre energia elettrica sfruttando la forza di correnti d’aria in vari ambienti, si era aggiudicata il premio speciale messo in palio dall’ambasciata di Francia. Nel 2016 il vincitore di Start Cup Puglia Robot4Children, soluzione software abbinata ad una metodica innovativa per assistere bambini affetti da disturbi dello spettro autistico (DSA), ha ricevuto al premio nazionale una menzione per il migliore progetto di impresa sociale nell’ottica delle pari opportunità.

Alla due giorni napoletana, le finaliste dell’edizione 2017 della Start Cup Puglia potranno capire ancora meglio quanto vale la loro proposta, grazie al confronto diretto con tantissime altre realtà italiane, in una annata che vede l’ingresso di FS Italiane a supporto dell’iniziativa, con un premio aggiuntivo di 25mila euro al vincitore generale del concorso nazionale.

Affacciarsi sulla scena dell’innovazione italiana, comprendere potenzialità e debolezze della propria proposta, rafforzare le proprie competenze sul fronte della protezione brevettuale è la triplice opportunità offerta dalla Start Cup Puglia; per Regione, ARTI ed enti promotori l’iniziativa è una ottima occasione per stimolare l’innovazione nei settori strategici, deputati a trainare esportazioni e a rendere più competitivo l’intero ecosistema produttivo regionale.

www.pugliasviluppo.eu/it/
view post Posted: 17/10/2017, 06:33 Evoluzione:L’essere umano si sta ancora evolvendo - Medicina e scienza di frontiera

L’essere umano si sta ancora evolvendo





Comparando migliaia di genomi, i ricercatori della Columbia University hanno visto un calo delle mutazioni “dannose”, come quella associata all’Alzheimer, nelle persone che vivono più a lungo. Un indizio che la selezione naturale continua a modellare la nostra specie


Le forze che guidano l’evoluzione continuano ad agire sulla nostra specie, eliminando quelle variabili genetiche che portano caratteri negativi e che dunque influenzano la sopravvivenza degli individui. È questa la conclusione a cui sono arrivati i ricercatori della Columbia University dopo avere comparato circa 210mila genomi di americani di origine europea e di inglesi. Una considerazione che potrà apparire scontata se la lasciamo sul piano teorico, ma davvero interessante se si considera che il team statunitense è stato in grado di descrivere il fenomeno a livello sperimentale, osservando la frequenza di mutazioni dannose, come quella che predispone all’Alzheimer, nel corso di poche generazioni.

Confrontando migliaia di genomi, i ricercatori della Columbia hanno osservato come la presenza di mutazioni che predispongono allo sviluppo di Alzheimer, dipendenza dal fumo, asma, alti livelli di colesterolo cattivo e obesità sia inferiore in chi vive più a lungo.

Da questo potrebbe dipendere la diminuzione della frequenza dei tratti che influenzano negativamente la sopravvivenza degli individui cali nell’arco di poche generazioni.

Secondo le leggi della selezione naturale, infatti, le persone longeve hanno maggiori possibilità di trasmettere il proprio patrimonio genetico: possono avere più figli oppure riescono a garantire alla prole maggiori chance di sopravvivenza. Pensiamo per esempio all’ambiente in cui viviamo oggi: una giovane coppia che possa contare sul sostegno dei propri genitori sarà più predisposta a fare figli – e quindi a tramandare il proprio dna.

Avvalendosi delle nuove tecnologie genomiche, lo studio statunitense, pubblicato su Plos Biology, ha permesso in sostanza di vedere il processo di selezione naturale in azione in generazioni di esseri umani moderni.

I ricercatori hanno analizzato i genomi di 60mila persone di origine europea contenuti nella banca dati di Kaiser Permanente in California, e quelli di 150mila inglesi custoditi nella UK Biobank. Dall’indagine è emerso che nelle donne con più di 70 anni la frequenza di mutazioni nel gene ApoE3 connesse all’Alzheimer è più bassa rispetto alla frequenza media della popolazione, osservazione che concorda con i risultati di altri studi che attestano che chi possiede una o due copie del gene ApoE3 mutato vive meno in genere. Constatazione simile è stata fatta negli uomini: la frequenza di mutazioni nel gene CHRNA3 associate all’abitudine al fumo cala nella popolazione maschile che abbia superato la mezza età.

Oltre a questi due risultati di spicco, i biologi hanno preso in considerazione altri 42 tratti comuni associati a una minore durata della vita delle persone (dall’altezza all’indice di massa corporea, ai livelli di colesterolo cattivo nel sangue) e hanno constatato che le alterazioni genetiche connesse sono meno frequenti nelle persone longeve e nella loro progenie.

Non finisce qui. Sembra infatti che anche una pubertà tardiva e l’età più avanzata della prima gravidanza per le donne siano fattori associati a una maggiore sopravvivenza. In base a questo studio, per esempio, un solo anno di differenza nell’inizio della pubertà abbassa il tasso di mortalità del 3-4% sia negli uomini che nelle donne.

Attenzione però a fare considerazioni generali, avvisano i ricercatori: la positività o negatività di certi caratteri è spesso un’attribuzione che tendiamo a fare in base all’ambiente in cui viviamo. L’ambiente ci condiziona, condiziona il nostro stile di vita, ma è mutevole. E quelle caratteristiche che consideriamo desiderabili oggi come oggi potrebbero non esserlo più nell’arco di poche generazioni, o addirittura essere sfavorevoli in popolazioni moderne in contesti differenti dal nostro.
www.genomica.it
view post Posted: 17/10/2017, 06:21 La strana storia di Eadweard Muybridge - Archeologia - mistero - viaggiatori del sacro
La strana storia di Eadweard Muybridge

Anatoli Bugorski, scienziato russo sopravvissuto dopo che la sua testa è stata attraversata da un fascio di protoni ad alta energia: non senza conseguenze, come aver perso l’udito da un orecchio, ma è sopravvissuto contro le previsioni della maggior parte dei medici che lo hanno visitato dopo l’incidente. Non si tratta del caso più estremo di incidente che coinvolge la testa di un umano senza ucciderlo: alcuni, come quello di Phineas Gage, sono ancora più inquietanti. Gage, operaio durante la costruzione della ferrovia verso l’ovest degli Stati Uniti nel XIX secolo, ebbe la testa attraversata da una sbarra di ferro a causa di un’esplosione. Sopravvisse e guarì dopo aver perso una parte considerevole del cervello. Di tutti questi incidenti, il più curioso però è un altro, ed è quello occorso a Eadweard Muybridge.

Nato in Inghilterra ed emigrato negli Stati Uniti, Muybridge arrivò a San Francisco nel 1855, a 25 anni. Si dedicò alla vendita di libri, oltre a fare l’agente per un editore londinese, con un buon successo, e nel 1860 decise di tornare in Inghilterra per comprare libri antichi da rivendere in America. Erano gli stessi anni in cui Gage costruiva la ferrovia, che all’epoca era attiva solo sulla costa orientale, quindi Muybridge face la prima parte del viaggio in diligenza. Durante l’attraversamento del Texas, il mezzo su cui viaggiava ebbe un grave incidente: uno dei viaggiatori morì, molti rimasero feriti e Muybridge fu sbalzato fuori dalla cabina e subì un gravissimo trauma alla testa. Ebbe bisogno di oltre un anno di cure per riprendersi dai molti disturbi che il trauma aveva provocato, dalla visione sdoppiata, all’alterazione dei sensi di gusto e olfatto, a una generale confusione nel pensiero.
Una quindicina di anni fa il caso è stato riesaminato da uno scienziato dell’Università di Berkeley, che ha avanzato l’ipotesi che Muybridge avesse subito danni alla corteccia orbifrontale e ai lobi temporali, provocando gli “strani comportamenti” tipici delle lesioni a questa parte del cervello. Oltre a una certa “eccentricità”, il nostro protagonista si trovò ad avere una creatività e una disinibizione che prima non aveva mai sospettato. Ripresosi, infatti, non tornò dal fratello a San Francisco, ma riprese il viaggio per l’Europa, dove rimase per alcuni anni, non per comprare libri, ma per imparare a fare fotografie. All’epoca la fotografia era un’arte nuova e richiedeva una certa competenza scientifica, per preparare le emulsioni sensibili, un miscuglio chimico di vari sali da preparare, utilizzare e sviluppare in meno di un quarto d’ora. La tecnica del collodio umido era stata inventata nel 1851 e aveva sostituito il dagherrotipo, per il quale servivano sali di argento e vapori di mercurio, e sarebbe stata a sua volta superata negli anni Ottanta del XIX secolo.
Tornato nel 1867 a San Francisco, Muybridge era diventato un pioniere di questa nuova arte. Forte della sua attrezzatura fotografica iniziò a girare per gli Stati dell’ovest per fare fotografie che non perdono il loro fascino tutt’oggi.

La Vernal Fall nel parco di Yosemite, fotografata da Muybridge nel 1872.



La svolta della sua carriera avvenne nel 1872, quando Leland Stanford, allora Governatore della California, lo assunse per fare alcuni studi fotografici sui cavalli. Stanford era appassionato di cavalli da corsa e voleva capire meglio come l’animale si muove alle varie andature, soprattutto al galoppo. Quando galoppa, un cavallo colpisce il terreno con i piedi in tre tempi e poi ha un momento di sospensione in cui non ha nessun piede a contatto col terreno. L’immagine che gli artisti (e anche gli scienziati) avevano all’epoca di questo movimento era che i cavalli stessero in sospensione quando avevano le gambe in massima estensione, come si vede in molti dipinti fino alla metà del XIX secolo, per esempio ne “Il derby di Epsom” di Theodore Gericault, in copertina.
Muybridge, non avendo cineprese né “scatto in sequenza”, ideò un complesso sistema di macchine fotografiche che scattavano ciascuna una fotografia a intervalli regolari e molto ravvicinati, in modo da avere una serie di foto per il singolo movimento. Il risultato è una serie di immagini come questa:

Il galoppo di Sallie Gardner, fotografato da Muybridge nel 1878 con 12 macchine fotografiche.



E no. Il cavallo sta in sospensione quando ha le gambe raggruppate sotto il corpo, non quando le ha in estensione. Per secoli tutti erano stati convinti di una cosa sbagliata, ma che nessuno aveva mai avuto modo di “fissare” in modo tale da poterla studiare a tavolino. Muybridge fece molte serie di fotografie a cavalli e non solo, anche a bisonti, cani, elefanti, esseri umani. Dal punto di vista scientifico, questa innovazione è stata fondamentale: sostanzialmente aveva inventato lo “slow motion”, per studiare in dettaglio la dinamica di un essere vivente in movimento.
Per vedere queste “immagini in movimento”, però, occorreva un qualche artificio che ancora non c’era: i fratelli Lumière avrebbero proiettato il loro primo film nel 1895, ma già nel 1879 Muybridge aveva inventato un oggetto, battezzato “zoopraxiscopio”, in grado di mostrare una sequenza di immagini su un disco rotante, illuminato correttamente, dando l’illusione del movimento. Questo oggetto è considerato uno dei primi esempi di proiettore di immagini in movimento della storia.
Probabilmente è eccessivo dare il merito di tutta questa creatività all’incidente alla testa, ma sicuramente quello di Eadward Muybridge è un nome da ricordare… tra quelli che avevano il bernoccolo per la scienza.
www.galileo.it
view post Posted: 17/10/2017, 05:03 Che cosa c’è nei vaccini? - Come difendervi dai rischi delle vaccinazioni
Che cosa c’è nei vaccini?
Scritto da: Stefano Montanari
Che cosa c’è nei vaccini?


Estratto dal libro:

“Vaccini: si o no?”

di Stefano Montanari e Antonietta M.Gatti



Vaccini: cosa c'è dentro?
A differenza dei vaccini primitivi, quelli sette-ottocenteschi o anche, pur molto più raffinati, quelli di qualche decennio fa, i vaccini correnti oggi sono prodotti farmaceutici molto complessi.



Lungi da noi l’intenzione di entrare in profondità nell’argomento: i testi di tecnica farmaceutica dedicati sono a disposizione di chi abbia necessità d’informazioni più dettagliate. Qui ci limiteremo a dire che il principio attivo è di natura proteica tossica derivante da batteri o virus modificati.



Di norma le sostanze tossiche sono coltivate in animali o in loro organi, dal cervello del cane ai reni della scimmia, o in uova di pollo e di anatra o in tessuti di origine umana come i feti abortiti o ottenute grazie a manipolazione genetica.



Uno dei rischi, non il solo, insito in questo tipo di coltivazione è quello d’introdurre poi nel prodotto finale virus presenti in modo latente nell’animale.



Questi virus convivono pacificamente con l’animale che li ospita da un numero immemorabile di generazioni ma sono potenziali induttori di malattie quando vengono trasferiti ad una specie diversa.



I vaccini possono essere prodotti da batteri morti o inattivati e da virus che, non potendo a rigor di termini essere definiti morti perché non sono mai stati vivi sono, comunque, resi inattivi.


Vaccini: Sì o No?
Stefano Montanari, Antonietta Gatti
Vaccini: Sì o No?
#scienzaevaccini - In esclusiva per la prima volta le analisi e le foto di laboratorio con il microscopio elettronico delle sostanze presenti nei vaccini
Macro Edizioni



Il processo viene effettuato con l’aldeide formica (formaldeide o metanale), una sostanza chimica semplicissima che interferisce con i legami tra DNA e proteine e che ha proprietà cancerogene, tanto da essere stato bandito come conservante, per esempio, delle protesi valvolari cardiache biologiche e da preparati farmaceutici come - e chi è abbastanza vecchio lo ricorda certamente - il Formitrol per il mal di gola.



Altra possibilità di produzione è quella con microrganismi attenuati i quali, poi, si replicano nell’uomo come se si trattasse della malattia vera e propria.

È ovvio che, almeno in linea teorica, chi viene vaccinato con questa varietà di prodotti (per esempio il vaccino antipolio, quello per il morbillo, quello per la parotite e quello per la rosolia) della malattia diventa un portatore sano.



Citiamo senza commenti quanto riportato dall’Enciclopedia Treccani: «I vaccini vivi attenuati normalmente non causano malattia nei soggetti immunocompetenti; talvolta, tuttavia, questa si manifesta, anche se generalmente in forma molto lieve. Nei soggetti con deficit immunitari il patogeno attenuato può però avere una replicazione incontrollata e indurre la malattia classica. Esiste la possibilità inoltre che un microrganismo attenuato possa tornare alla sua forma originaria e dare malattia».



Esistono, poi, vaccini cosiddetti tossoidi come, ad esempio, quello che si applica per la difterite e per il tetano. Questi prodotti non mirano a bloccare la diffusione del Corynebacterium diphtheriae per la difterite e del Clostridium tetani per il tetano, stante il fatto che questi batteri si comportano altrimenti, ma a rendere nulla l’azione delle loro tossine. Anche in questo caso si usa la formaldeide. […]



È bene sapere che, quando un componente è presente in quantità inferiore ad un determinato limite, il produttore può legalmente evitare di elencarlo tra gli ingredienti.

È ovvio che questo toglie al medico la possibilità di rendersi conto se stia somministrando qualcosa nei confronti del quale il ricevente è allergico o sensibile, sempre che quell’allergia o quella sensibilità siano note.



È comunque altrettanto ovvio che non sarà praticamente mai possibile sapere che cosa si sta davvero facendo quando si vaccina un neonato, dato che quel soggetto si è verosimilmente nutrito solo di latte e non può essere venuto in contatto con non pochi tra i componenti del vaccino.

Solo per fare un esempio, è difficile stabilire se un bambino molto piccolo sia allergico alle proteine contenute nelle uova, proteine che sono presenti in diversi vaccini, né il medico si preoccupa, salvo forse casi rarissimi, di chiedere notizie ai genitori del vaccinando.
view post Posted: 16/10/2017, 07:21 Il suono del silenzio....per Voi....una dolce notte - L'immagine del giorno
questa canzone e la mia preferita, grazie di ti voglio un mondo di bene!! emoticon_buona_giornata_viola EMOTICON_GRAZIE grazie
view post Posted: 4/9/2017, 08:19 Planet Earth - Musicoterapia
Meravigliosa ti mette in pace con il mondo. tumblr_lt1imetpGS1qhkays
view post Posted: 31/8/2017, 15:59 Vaccini. Formula per farli diventare acqua fresca. Difendiamo il futuro dell'umanità - Come difendervi dai rischi delle vaccinazioni
Diverse formule esistono ed e ora di divulgarle.
In natura esistono molti antidoti che ci aiutano contro ogni tipo di porcheria chimica.
Pensarci bene ,se cosi non fosse saremmo ESTINTI.

SI chiama danno jatrogeno...ephar sulfur.....tuia.....e altri rimedi da ricerche annullano i Vaccini.

Per chi ha bisogno scrivetemi in privato.
O
view post Posted: 22/8/2017, 18:37 LA BIOPSIA PERICOLOSA : ECCO LE PROVE SCIENTIFICHE - CANCRO: informazione libera
LA BIOPSIA PERICOLOSA : ECCO LE PROVE SCIENTIFICHE

La ricerca scientifica fornisce la prova inconfutabile del pericolo che rappresenta la biopsia sistematica in particolare a livello del seno e della prostata.
E’ studiando i fenomeni dell’infiammazione che i ricercatori hanno scoperto che l'infiammazione scatenata dalla lesione del tessuto e incaricata di ricostituire il tessuto stesso, è deviati dal tumore per svilupparsi e progredire.

Durante l'infiammazione, che è nata dalla lesione (traiettoria dell'ago o del mammotome), viene stimolata l’angiogenesi (formazione di nuovi vasi sanguigni) per rivascolarizzare il tessuto danneggiato e consentire la sua ricostruzione.
Dopo una ferita, si forma un coagulo sanguigno e le piastrine stimolano l'infiammazione chiamando in aiuto dei macrofagi.

Questi ultimi secernono delle proteine che partecipano alla ricostruzione dei tessuti danneggiati (EGF, MMP, VEGF). Queste proteine sono fattori di crescita.
L'infiammazione provocata in questo modo rappresenta un vantaggio per il tumore poiché gran parte del processo infiammatorio dedicato alla ricostituzione del tessuto provoca gli stessi meccanismi di cui il tumore ha bisogno per crescere.

L’infiammazione agisce come un potente promotore tumorale.
Inoltre, degradando la matrice extracellulare, i macrofagi, attratti da un fattore infiammatorio il PDGF i emesso dalle cellule tumorali, favoriscono l’infiltrazione delle cellule tumorali nel tessuto sano che attiva la progressione del tumore verso uno stadio invasivo.

Infine, il tumore crea un ambiente locale che impedisce la risposta immunitaria antitumorale.
Questi studi rimetteranno in discussione l'utilità e soprattutto la cosiddetta innocuità delle biopsie. Gli oncologi dovranno rivedere rapidamente la loro concezione altrimenti ne saranno presto responsabili davanti ai tribunali.

http://www.vivereconilcancro.it/la-biopsia...e-scientifiche/
view post Posted: 22/8/2017, 18:27 Nuovi farmaci anti epatite C, potrebbero causare epatocarcinoma? - CANCRO: informazione libera
Sanofi si espande nei vaccini e per $750 mln compra Protein Sciences

Malattie infiammatorie curate con "nanocorpi", accordo Sanofi e Ablynx
Giovedi 20 Luglio 2017 Danilo Magliano
Non sono gli ultracorpi del celebre film di Don Siegel bensì "nanocorpi", una nuova tecnologia sviluppata dalla belga Ablynx che ha appena siglato un accordo con Sanofi per la sua applicazione nella cura di disordini infiammatori. Questi frammenti proteici, derivati dagli anticorpi di cammelli e lama, consentono di combinare i benefici degli anticorpi convenzionali con le proprietà terapeutiche dei farmaci molecolari.

Non sono gli ultracorpi del celebre film di Don Siegel bensì “nanocorpi”, una nuova tecnologia sviluppata dalla belga Ablynx che ha appena siglato un accordo con Sanofi per la sua applicazione nella cura di disordini infiammatori. Questi frammenti proteici, derivati dagli anticorpi di cammelli e lama, consentono di combinare i benefici degli anticorpi convenzionali con le proprietà terapeutiche dei farmaci molecolari.

Sanofi avrà accesso a otto candidati definiti nanobody (nanocorpi) studiati con l'obiettivo di sviluppare prodotti per il trattamento di malattie infiammatorie mediate dal sistema immunitario. Sanofi guadagna circa lo 0,70% a Parigi.

Ablynx riceverà un pagamento anticipato di 23 milioni di euro, 8 milioni di euro nel finanziamento della ricerca, e fino a 2,4 miliardi di euro in milestones nonché royalties a due cifre sulle vendite nette.

L’accordo appena siglato da Ablynx è l’ultimo di una lunga serie di partnership con molte delle maggiori big pharma: AbbVie, Boehringer Ingelheim, Merck and Co. (MSD), Merck KGaA, Novartis e Novo Nordisk.

I dati che provengono dai farmaci sviluppati con questa tecnologia non sono però entusiasmanti. Lo scorso ottobre AbbVie ha cancellato il suo accordo con Ablynx insieme ai suoi 175 milioni di dollari versati in anticipo dopo che il suo farmaco ati IL-6R vobarilizumab si è comportato così così negli studi clinici di Fase II in pazienti con artrite reumatoide. Non solo si è visto un flop sul parametro dell’ACR20, ma vobarilizumab ha anche fallito su un punteggio di migliorata funzione fisica quando combinato con methotrexate contro il solo metotressato.
Il farmaco è solo riuscito a pareggiare con tocilizumab su ACR20-50 e 70 e ad avere un punteggio migliore sul DAS28, un parametro che valuta l’attività della malattia (41% vs 27%).

La tecnologia dei nanocorpi
All'inizio degli anni ’90, uno studente del professor Serge Muyldermans, biologo della Free University di Bruxelles in Belgio, analizzando il siero di dromedari e cammelli scoprì che questi animali, oltre ai normali anticorpi a quattro catene (due pesanti e due leggere), hanno anticorpi più semplici, circa la metà, composti soltanto da catene pesanti. Anticorpi incompleti, però capaci di "eliminare" i loro bersagli esattamente come gli anticorpi interi.

I ricercatori hanno quindi ridotto ulteriormente la dimensione di queste molecole, utilizzando soltanto i cosiddetti segmenti variabili o attivi. Ossi a quella parte all'apice del braccio dell'anticorpo che "intercetta" il bersaglio.

Risultato? Un anticorpo in miniatura, grande circa un decimo di quello intero, che può raggiungere bersagli anche molto piccoli, spesso impossibili da bloccare con gli anticorpi monoclonali, oltre a essere più stabile e molto più facile da manipolare in laboratorio (e perciò anche meno caro).

Dopo gli studi in vitro e su animali, nel 2007 i nanocorpi sono approdati ai test su volontari sani. I dati preliminari avevano dato ragione a Muyldermans e colleghi, che hanno fatto nascere da una costola dell'Università di Bruxelles la biotech Ablynx che dal 2002 studia e produce queste molecole.

I nanocorpi hanno la stessa specificità e affinità per l'antigene degli anticorpi normali, ma sono grandi un decimo. In questo modo, le molecole resistono a temperatura ambiente e anche agli acidi gastrici, lasciando ipotizzare un uso per via orale. Inoltre, sono più semplici da produrre e quindi meno costosi. Soprattutto, essendo di piccole dimensioni possono intrufolarsi meglio per raggiungere bersagli piccoli o nascosti all’interno dei tumori.
1572 replies since 8/10/2011