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-ANNA BONO -ESPERTA DI AFRICA E EMIGRANTI AFRICANI...ECCO LA VERITA', Video da 1 milione di visualizzazioni. Abbiamo smerdato la Boldrini

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TOPIC_ICON2  view post Posted on 21/8/2017, 08:41
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ESPERTA DI AFRICA E EMIGRANTI AFRICANI...ECCO LA VERITA

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Anna Bono (Università di Torino, Storia e istituzioni dell’Africa) si è assunta da anni – in pressoché totale solitudine accademica – un compito tanto arduo quanto meritorio. È noto come, per chi sia posseduto dall’ideologia, quando c’è divaricazione tra gli schemini astratti e la realtà, sia fortissima la tentazione di “cambiare la realtà”: ecco, saggiamente, la professoressa Bono fa il contrario, e cioè rispetta la realtà e smonta le impalcature ideologiche altrui.

Lo fa su un tema incandescente, quello dell’immigrazione. E lo fa – il che è ancora più meritorio – in modo non urlato, non aggressivo, non disumano: se è consentito a un laico come me metterla così, lo fa con autentica carità cristiana, con pietas, ma senza pietismo.

In questo libro, che riassume anni di ricerca, Anna Bono smonta in particolare due fake-news, due autentiche falsificazioni, che hanno invece segnato il dibattito politico su questo tema.

Prima fake-news: “Quelli che arrivano sono profughi, scappano dalla guerra, la loro è una migrazione forzata”. Non è vero, spiega Anna Bono! Dati alla mano, esaminati anno per anno, viene fuori (qui sintetizzo, ma nel volume ci sono tutti i dettagli) che, grosso modo, su 100 migranti che arrivano in Italia, solo 4 si vedranno riconoscere lo status di profugo o rifugiato di guerra. Gli altri 96 sono sostanzialmente migranti economici.




Seconda fake-news: “Quelli che arrivano sono i più poveri fra i poveri”. Non è vero nemmeno questo! Certo, non sono persone benestanti: non occorre un genio per capirlo. Ma sono comunque persone provenienti da paesi stabili (spesso democrazie imperfette, fragili, giovani, ma pur sempre democrazie), e persone che sono state in grado di raccogliere i non pochi soldi (da 5 a 10 mila dollari) necessari a pagare le organizzazioni criminali che lucrano su questo traffico di esseri umani.

Già questa operazione di demistificazione merita ogni gratitudine: la professoressa Bono dimostra che oggi l’atto più “rivoluzionario” è studiare i fenomeni senza pregiudizi, esaminare numeri e dati, anziché “fabbricare narrazioni”.

Ma nel libro c’è di più, c’è un’altra serie di scomode verità. Sintetizzo per comodità: si possono accogliere gli individui, ma non delle comunità; il multiculturalismo ha fallito; è perniciosa l’idea di “appaltare” pezzi di territorio a una specie di “legalità alternativa” basata sulla sharia; negare che l’Islam sia un problema è una tragica illusione.

anna bono libroE soprattutto, chiarito questo (ciò che troppi cattocomunisti vogliono negare: chiamiamo le cose col loro nome), e stabilito che le effettive possibilità di accoglienza sono legate a numeri piccoli, piccolissimi, drasticamente contenuti, resta l’altro tema decisivo: quei pochi che si possono realmente accogliere vanno messi a lavorare, prima che siano assorbiti dall’esercito della criminalità.

Per far questo, a mio personale avviso, resta valido lo strumento adottato da anni in Canada: stabilire non solo quantità piccole, ma anche le qualità e le caratteristiche lavorative (quante badanti, quanti lavoratori per l’agricoltura, ecc.) di quelli che potranno essere accolti anno per anno, legando cioè i meccanismi di entrata all’effettiva assorbibilità dei nuovi ingressi da parte del mercato del lavoro nazionale.

Se si fa questo, può esserci un effetto positivo per tutti. In mancanza – come accade da noi – resta solo la prospettiva del caos, della violenza e dell’invasione.

15/07/2017


«Certo arrivano da Paesi dove la democrazia non ha raggiunto vette esemplari, e dove pure non mancano conflitti, ma salvo pochissimi casi sono Paesi che non giustificano una richiesta di asilo, e chi la inoltra infatti raramente la ottiene. Io li chiamo come si sono sempre chiamati: emigranti».

Professoressa, sta dicendo che l'immagine del profugo che scappa dalla miseria e dalle guerre non corrisponde del tutto alla realtà?

«Ripeto, se parliamo di chi arriva da paesi dell'Africa subsahariana, come il Senegal, il Ghana, ma anche la Somalia e la Nigeria e altri, lì chi fugge da guerre cerca rifugio o in zone più sicure dello stesso Paese oppure in un Paese vicino, non parte per l'Europa. Il caso della Somalia è esemplare. La diaspora somala è tra le più grandi al mondo, però centinaia di migliaia fuggono nel vicino Kenya, e da quando il governo ha sottratto ad Al Shabaab (gruppo terrorista islamico, ndr) le città più importanti, migliaia di somali cercano di rientrare in patria. Chi decide di emigrare, con tutti i rischi e le incognite che questo comporta, lo fa per altri motivi, non perchè è in pericolo di vita, o vive nel terrore di un regime spietato, e nemmeno per la miseria estrema».

Chi sono allora gli emigranti che arrivano da noi sui barconi?

«In maggioranza non appartengono ai ceti più poveri della società africana. Le caratteristiche che mi sembrano accomunarli sono: giovani, in prevalenza maschi, sicuramente scolarizzati anche con titoli di studio da scuola media superiore, in grande maggioranza partiti da centri urbani dove avrebbero potuto continuare a vivere, in situazioni che magari ai nostri occhi sembrano invivibili, ma che in Africa rappresentano già un traguardo rispetto alle centinaia di milioni di persone realmente in miseria».

Insomma sulle barche della speranza c'è la middle class africana?

«Diciamo il ceto intermedio, che però teme di scendere di uno o più gradini nella scala sociale. E lì basta poco: una malattia, la perdita di un famigliare ben inserito, un intoppo burocratico. E poi sono attirati dalla propaganda che dipinge l'Italia e altri paesi europei come l'Eldorado, posti dove risolveranno tutti i problemi, troveranno un lavoro e il benessere. Questo è un aspetto poco considerato, ma come per altre attività redditizie anche il business del traffico di emigranti non aspetta il cliente, se lo va a cercare. E la propaganda è talmente forte ed efficace che i governi, come quelli dell'Etiopia, Tanzania, Mali e Nigeria stanno provando a combatterla con campagne di dissuasione. Nelle strade si trovano grandi manifesti con scritto «Il nostro Eldorado è il Mali», mentre in Nigeria può capitare di vedere un manifesto con un uomo che, sullo sfondo un aereo in volo, dice ad una ragazza: «Ti trovo un lavoro in Italia». E sotto: «I trafficanti di uomini conoscono molti trucchi. Rifiuta!».

I trafficanti vendono speranze per 3-4mila euro a testa.

«Anche di più, quelle sono le cifre per chi parte già nei pressi del Mediterraneo, ma tanti partono da molto più lontano, e pagano di più».

Come fanno a permettersi cifre che valgono il reddito di diversi anni?

«Le modalità di pagamento sono molto diverse. C'è chi paga subito, oppure è aiutato dalla famiglia allargata, o vende qualcosa, o ancora si indebita. Il fatto che possano pagare cifre molto alte dimostra appunto come, in molti casi, non siano i poveri a partire ma chi è al di sopra della soglia di povertà».

http://www.ilgiornale.it/news/politica/mac...hi-1165168.html

https://adessobasta.org/2017/08/08/anna-bo...rati-poveri-no/

http://www.ilpopulista.it/news/20-Ottobre-...lla-guerra.html
 
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